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Acque di Nure e Trebbia

“di Valeria Poli”

la Canalizzazione delle Acque nel Territorio Piacentino

La prima indicazione dell'esistenza di canalizzazioni artificiali è il privilegio, dell'anno 852, per mezzo del quale l’imperatore Ludovico II concede al monastero piacentino di San Sisto, fondato dalla moglie Angilberga, antiquos aquaeductus con la possibilità di riportarli allo stato originario o di trasformarli. Lo sfruttamento delle acque risulta una prerogativa del potere imperiale che può concederlo come regalia alle fondazioni monastiche. Non è un caso, quindi, che i primi atti amministrativi del libero Comune, che solo con la Pace di Costanza riceverà il riconoscimento ufficiale da parte del potere imperiale (1183), siano proprio relativi alla canalizzazione delle acque di Trebbia verso la città (1140). Gli Statuti comunali (ante 1391) precisano che le concessioni di diritti d’acqua, inizialmente prerogativa dell’imperatore e poi del vescovo, competono ora alla Comunità di Piacenza. L’importanza politica, oltre che economica, delle acque è evidente nella individuazione di chi e a che titolo controlla la mettitura o meglio la missa della acque nel rivo dispensatore. L'estrazione delle acque, attraverso canalizzazione artificiale, avviene mediante una bocca, detta anche incile o chiavica, che permette di distinguere il rivo in derivatore, se di proprietà di un consorzio di utenti, o in dispensatore, se di proprietà di un condominio ossia di più consorzi. La gestione delle acque diviene quindi occasione di confronto tra poteri nella ridefinizione dei rapporti pubblico-privato/città-territorio. La differenza riscontrabile nella gestione delle acque della Nure, rispetto a quella della Trebbia, sarebbe il fatto che quella di Nure è una condotta caratterizzata da acquedotti gestiti da consorzi non dipendenti da una magistratura superiore non essendoci tra i consorti la Comunità stessa. Le ragioni d'acqua dei rivi derivatori, gestiti da consorzi di utenti, sono determinate, dalle concessioni ottenute dal potere sovrano imperante: alcune per graziosa largizione, altre per acquisto oneroso. Le ragioni d'acqua possono essere di acqua quotidiana, che comprende l'acqua estiva e quella jemale, espressa con la concessione in canale da molino, altre di acqua estiva indicata dalla conces¬sione in canale da adacquare. I derivatori si dividono in macinatori, detti legittimi, se hanno ragione d'acqua quotidiana, e in irrigatori se solo di acqua estiva, detti bastardi. Tra i macinatori ve ne sono alcuni detti privilegiati perché, in tempo di acqua estiva, mantenevano l'intera competenza anche in regime di scarsezza.

la condotta delle acque di Trebbia

la condotta delle acque di Trebbia.
L’estrazione delle acque avviene a partire dalla bocca, detta anche incile o chiavica, dei tre rivi dispensatori, ognuno dei quali attua in comunione i diritti di presa dei rivi derivatori a cui serve, ed è distinta tra condotta di destra e condotta di sinistra. La derivazione delle acque di Trebbia è, inizialmente, costituita dalla condotta di destra che ha origine dal rivo Comune dispensatore-derivatore, sia della ragione d'acqua della città sia di quelle di consorzi di utenti. La bocca di presa, inizialmente alla Rossia (1140), viene spostata a Molinazzo di sotto (1569), a Molinazzo di sopra (1571) e infine a Case Buschi (1726).


il castello di Rivalta visto dalla sponda destra-foto Giulio Milani,


molino tre ruote sulla strada per Gossolengo-foto Giulio Milani

Il controllo della missa, a norma degli Statuti comunali (ante 1391), spetta al Paratico dei Molinari fino all’accordo, stipulato il 20 aprile 1420, che determina il passaggio del controllo ai conti Landi di Rivalta. Il controllo della missa delle acque della Trebbia pone la famiglia Landi in una delle posizioni strategiche per la sopravvivenza della Magnifica Comuni¬tà di Piacenza. I Landi risultano infatti interlocutori privilegiati del potere ducale visconteo-sforzesco. Dal 1569 al 1581 si registra una cronaca di manutenzione straordina¬ria della condotta destra delle acque che, se a prima vista potrebbe apparire una operazione tecnica volta al mantenimento della funzionalità di un sistema artificiale che come tale è minacciato dalla forza della natura, in realtà è leggibile come una progressiva appropriazione da parte della Magnifica Comunità di Piacenza del controllo della condotta. La condotta di sinistra, che dispensa ragioni d'acqua esclusivamente di consorzi di utenti, ha attualmente origine dal rivo Comune di sinistra, costruito nel 1850, che ha determinato la soppressione di tutte le antiche bocche di presa diretta dal fiume.

acque verso Piacenza

la condotta delle acque di Nure.
La condotta delle acque di Nure ha origine dalla travata esistente ai piedi della torre del castello di Riva dove si dividono la bocca superiore e quella inferiore. Quella superiore scorre lungo la riva destra col nome di rivo di San Giorgio, mentre quella inferiore interessa la riva sini¬stra e si suddivide, al partitore Madonna di Ponte dell’Olio, nei rivi Bertone e Grazzano. Il partitore è una costruzione, sia naturale che artificiale, mediante la quale si divide in due o più parti la cor¬rente dell’acqua. La raccolta delle acque di scolo costituisce i colatori pubblici (Stradazza, Rifiuto,Riazza), ma di norma l'acqua derivata dalla Nure non veniva utilizzata a beneficio della città.


veduta del castello di Riva


il canale dispensatore a Riva


la bocca di presa dei rivi uniti Grazzano Bertone

da: Valeria Poli, Le acque di Trebbia tra città e contado: norme, magistrature e uomini dal 1420 al 1806, Banca di Piacenza, 1995.
Valeria Poli, Vigolzone e la storia della territorialità della val Nure, Quaderni del Museo della vite e del vino Fernando Pizzamiglio n. 2, Piacenza, GM editore, 2012.