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il Foro dell’Antica Placentia


L’odierno centro storico di Piacenza riassume in se stesso due diverse componenti urbanistiche, saldate tra loro e parzialmente sovrapposte: il nucleo cardo decumanico romano e le successive espansioni radiali di epoca medievale, tuttora riconoscibili entro i limiti della mura farnesiane. Se è vero che la trama viaria della città storica esprime tuttora l’antica scacchiera romana, è altrettanto evidente che tutte le principali piazze cittadine, piazza Sant’Antonino, piazza del Duomo, piazza dei Cavalli o piazza del Borgo sono accomunate da un’origine tipicamente medievale, ognuna secondo un’antica e ben specifica funzione mercantile, politica o religiosa. Da ciò si comprende come la città medievale, a Piacenza come altrove, fosse essenzialmente policentrica, ossia imperniata sulla contemporanea presenza di molteplici poli attrattori (chiese, palazzi pubblici, mercati, crocevia stradali, ecc.), che diventavano sedi di altrettante piazze dalle quali irradiava un nuovo sviluppo pluri direzionale dell’organismo urbano. In quest’ottica le prime città comunali (sec. XI-XIII) si configurarono più come confederazioni di borghi, quartieri e sestieri tra loro relativamente autonomi, che non come una unità amministrativa in senso moderno: ogni comparto urbano si esprimeva nella sua specifica assemblea vicinale, radunata nella piazza, nella chiesa o nel palazzo più rappresentativo del proprio settore. All’opposto, la città romana interpretava su scala locale gli elementi architettonici e urbanistici propri dell’Urbe, presentandosi come il paradigma di una struttura statale, sociale e culturale molto più ampia, che trovava la sua perfetta rappresentazione nell’unicità del Foro, polo amministrativo e religioso dell’antica comunità municipale. Nel caso di Placentia, il Foro doveva attestarsi presso la chiesetta di San Martino (sec. V, con rifacimenti nei sec. XVIII-XIX), detta appunto “in Foro” e fronteggiata da uno slargo che costituisce forse l’ultima traccia dell’antica piazza forense. Tale correlazione è suggerita anche dalla presenza in questo sito dell’incrocio tra cardine e decumano massimi, rispettivamente ricalcati dagli assi del Corso-via Cavour e di via Roma-via Borghetto. Monumentalizzato in età augustea (I sec. a.C.-I sec. d.C.), lo spazio forense venne abbandonato nell’alto medioevo (sec. VII-IX) scomparendo sotto la successiva crescita edilizia, tanto che il suo antico impianto resta tuttora incerto. Alcuni studiosi ipotizzarono che la piazza si estendesse a sud di via Roma, occupando due isolati urbani: il Capitolium, tempio principale della città, sarebbe stato ricalcato nel medioevo dalla chiesa di San Pietro, a sua volta detta “in Foro”, fondata nell’anno 820 e tuttora esistente nella sua ricostruzione cinquecentesca. Un’altra teoria ritiene invece che il Foro fosse attraversato dall’attuale via Roma, estendendosi in lunghezza da via G. Carducci fino a via Cittadella, per un totale di sei isolati. In questo assetto, i templi della piazza sarebbero stati due, ricalcati dalle chiese di San Pietro a sud, l’antico Capitolium, e di San Martino a nord, probabilmente innalzata sulle rovine di un antico santuario pagano

Inquadramento del sito.
Il più antico accenno sull’esistenza del Foro presso San Martino venne fornito dallo storico locale Pier Maria Campi (1569-1649) in riferimento alla costruzione di questa stessa chiesa fondata, secondo la tradizione, dal vescovo San Savino nell’anno 410 e «(..) rizzata in Piacenza nel foro vecchio sotto l’invocazione del medesimo Santo, che vi ha, e oggidì appelliamo S. Martino in foro (..)». A questa prima indicazione ne seguì una seconda, riportata sempre dal Campi e correlata stavolta all’innalzamento della vicina chiesa di San Pietro nell’anno 820, quando «(..) fondò parimenti il pietoso Vescovo Podone dentro la città sul foro antico un’altra casa sacra a Dio e dedicolla al Prencepe degli Apostoli S. Pietro (..)». Per quanto sintetici, tali indizi si riferiscono esplicitamente alla presenza del Foro in quest’area, suggerendo inoltre la sua parziale sopravvivenza come spazio pubblico almeno fino al tempo del vescovo Podone, che vi costruì infatti la chiesa di San Pietro, forse come propria sepoltura. Alcuni studiosi ritengono che la frequentazione del foro si sia prolungata fino ai secoli XIII e XVI, quando sull’antica piazza romana (o su quel che ne restava) sembravano attestati un possibile palazzo pubblico del Comune piacentino (1219) e una piazza mercantile non meglio precisata (1567).



mappa di Piacenza dove è segnalata la presenza di una “piazza mercantile”
in corrispondenza dell’attuale slargo davanti alla chiesetta di San Martino

In aggiunta alle citazioni storiografiche si devono inoltre considerare alcuni ritrovamenti archeologici succedutisi nei pressi di San Martino dai primi anni del Seicento fino agli inizi dell’Ottocento, nel corso dei quali vennero in luce interessanti testimonianze architettoniche e scultoree a sostegno di una probabile vocazione pubblica di quest’area in epoca romana. Un primo riscontro venne effettuato nel 1614 nei pressi della casa del conte Ippolito Landi (in via X Giugno, pochi metri a nord della piazzetta San Martino), dove alcune escavazioni portarono al ritrovamento di un’ara, di un pavimento a mosaico e di una statua raffigurante Mercurio. Ulteriori scavi, condotti nel 1824 sul retro della chiesetta di San Martino (lungo via Roma), portarono all’individuazione di un muro costituito da blocchi di pietra squadrati, dubitativamente interpretati come tracce di un fabbricato monumentale. Solo pochi anni dopo, nel 1827, la ricostruzione della canonica di San Martino in Foro (dirimpetto al sagrato della chiesa, in angolo con via X Giugno) portò alla riscoperta di alcune “arcate” e strutture murarie in biancone, forse pertinenti a qualche edificio pubblico attestato sulla piazza del Foro.


mappa interpretativa del Foro con indicazione di entrambe le ipotesi
(a due isolati e a sei isolati) i gialli indicano i ritrovamenti archeologici

Possibili interpretazioni dell’antica area forense.
Sulla base delle informazioni sin qui riassunte, storici ed archeologi sembrano ormai propensi ad accogliere il posizionamento del Foro di Placentia presso le due chiese di San Pietro e di San Martino. Se vi è quindi sostanziale accordo su questa generica attestazione urbana, dubbi e incertezze sussistono, invece, rispetto all’effettiva estensione e configurazione planimetrica dell’antica piazza forense. La maggior parte degli studiosi locali condivide l’idea che il Foro piacentino si attestasse a lato dell’incrocio tra cardine e decumano massimi, occupando essenzialmente lo spazio di due isolati urbani compresi tra le odierne vie Roma (a nord), G. Carducci (ad est), Giandomenico Romagnosi (a sud) e Cavour (ad ovest). Secondo questo assetto, l’odierna chiesa di San Pietro ricalcherebbe quindi il sito dell’antico Capitolium, ossia il tempio principale della città romana, solitamente dedicato agli dei tutelari di Roma (la Triade Capitolina composta da Giove, Giunone e Minerva). Si ipotizza che l’antica San Pietro fosse stata fondata proprio riadattando le vestigia del tempio capitolino, convertito al culto cristiano con la significativa dedica al Principe degli Apostoli e primo Papa. A tal proposito si deve considerare che, ai tempi della sua fondazione (sec. IX), la chiesa di San Pietro era direttamente accessibile dal Foro, in quanto affacciata verso la piazzetta di San Martino, in senso opposto rispetto al suo orientamento attuale. La chiesa odierna, rivolta verso via G. Carducci, è il prodotto di una massiccia ricostruzione operata nel 1587 dai Gesuiti, che demolirono l’antica chiesa medievale e le case che le erano sorte attorno per costruirvi il proprio convento (oggi sede della Biblioteca Comunale Passerini Landi). L’ipotesi del Foro “a due isolati” è stata riformulata sulla base di una proposta alternativa avanzata circa vent’anni fa dal prof. Stefano Maggi, che ha sottolineato alcuni aspetti piuttosto critici rispetto a questo tipo di impianto forense. Primo: tutti i ritrovamenti archeologici relativi alla possibile area forense sono stati documentati soltanto a nord dell’asse di via Roma, mentre l’ipotetico foro “a due isolati” verrebbe a trovarsi a sud del medesimo tracciato. Secondo: l’attuale piazzetta San Martino presenta un impianto pressoché simmetrico rispetto al decumano massimo (via Roma), anziché un’estensione preponderante a sud del medesimo, in quella che dovrebbe essere l’ipotetica sede del foro “a due isolati”. Terzo: l’evidente paradosso per cui la chiesa di San Martino, «(..) rizzata in Piacenza nel foro vecchio (..)», si troverebbe esterna rispetto ai due isolati della piazza forense convenzionale. Quarto: una piazza di soli due isolati (uno dei quali occupato dal tempio capitolino) sarebbe stata troppo piccola per una città importante e prospera come l’antica Placentia, oltretutto priva dell’anfiteatro (bruciato nel 69 d.C.) e pertanto bisognosa di un ampio spazio pubblico da destinare ai giochi gladiatori. Sulla base di tali criticità è stato quindi proposto un diverso tipo di impianto forense, ispirato ai casi analoghi di Verona e Bologna, fisicamente imperniato sull’incrocio tra cardine e decumano massimi e esteso per un totale di sei isolati, due dei quali occupati da altrettanti templi disposti simmetricamente rispetto all’attuale via Roma. In via del tutto ipotetica, tali luoghi di culto potrebbero coincidere con le due chiese odierne, entrambe di antica attestazione (paleocristiana San Martino, alto medievale San Pietro), originariamente affacciate sulla piazza e identificate con il toponimo “in Foro”. In questo nuovo assetto lo slargo davanti a San Martino, a cavallo di via Roma, costituirebbe a tutti gli effetti l’ultimo resto dell’antica piazza forense, progressivamente occupata dalle attestazioni edilizie medievali dopo che le antiche funzioni pubbliche del Foro vennero meno. In tal senso l’antico limite settentrionale del porticato forense potrebbe forse coincidere con il tracciato di vicolo Serafini, che corre parallelo a via Roma per tre isolati collegando la chiesa di San Fermo con il sagrato di San Martino, dove infatti nel 1827 vennero in luce alcune tracce di edilizia monumentale. Qualunque sia stato il suo effettivo assetto planimetrico, sembra assodato che il Foro dell’antica Placentia visse la sua prima e significativa monumentalizzazione sotto il governo di Augusto (31 a.C.-14 d.C.), periodo a cui risale una testimonianza epigrafica relativa alla costruzione di un tempio da dedicarsi a Giove, forse identificabile con il Capitolium forense.


ricostruzione del Foro di Placentia secondo la configurazione a sei isolati

La scomparsa del Foro in epoca medievale.
Nell’impossibilità di stabilire con certezza in quale periodo e per quali cause l’antico Foro romano abbia perso la sua funzionalità amministrativa ed istituzionale, si può soltanto assumere che ancora in epoca carolingia (sec. IX) l’antica piazza appariva degna di ospitare una nuova e importante chiesa vescovile, l’antica San Pietro, fondata dal vescovo Podone nell’anno 820. Da ciò si dovrebbe dedurre che a quel tempo l’antico Foro fosse ancora in parte agibile come spazio pubblico e, come tale, vissuto e frequentato dalla comunità cittadina. Ciò non significa, tuttavia, che l’immagine e l’estensione stessa del Foro fossero ancora riconoscibili nella loro originaria configurazione urbanistica e architettonica; al contrario, il ritrovamento di una tomba a cassa di attestazione alto medievale, rinvenuta nel 1936 all’inizio di via Borghetto (nella parte più occidentale dell’ipotetico Foro “a sei isolati”), induce a credere che alcune porzioni della grande piazza romana fossero state ormai abbandonate e occupate da tombe sparse, casupole e spazi ortivi con relativi strati di deposito. Non sembra casuale la sopravvivenza della piazzetta soltanto sul lato orientale del Foro, dove erano sorte nel frattempo le due chiese di San Martino e di San Pietro con relativi sagrati e fasce di rispetto. In seguito l’intasamento edilizio dovette comunque interessare anche i due santuari, con particolare evidenza per San Pietro. Da una perizia cinquecentesca riguardante la ricostruzione della chiesa, si rileva, infatti, che l’antico ingresso occidentale, rivolto verso il Foro, era ormai semi occultato dalle case della nobile famiglia Coppalati, tanto che il nuovo tempio gesuitico venne appunto ribaltato nel proprio orientamento. Un ulteriore indizio è fornito anche dalla vicenda urbanistica dell’attuale vicolo San Pietro, posto in continuità con via X Giugno e riaperto nel 1547 a seguito di un’operazione di sventramento dell’edificato che aveva occupato nei secoli il tracciato dell’antico cardine coincidente. I motivi che portarono al progressivo depotenziamento e all’abbandono della piazza del Foro sono forse da ricondursi alla generale crisi della vita cittadina in età tardo antica (sec. V-VI), quando il progressivo abbandono delle arginature fluviali e delle opere di bonifica indusse gli abitanti di Placentia ad abbandonare i quartieri settentrionali, più prossimi al Grande Fiume, per trasferirsi preferenzialmente nel quadrante sud-est. Questa zona, infatti, non soltanto era più sicura da eventuali esondazioni ed impaludamenti, ma beneficiava di un vero e proprio rinnovamento urbanistico determinato dalla nascita delle prime e più antiche basiliche cristiane: Sant’Antonino, la Cattedrale e San Savino. Da quel momento il Foro cessò di essere il baricentro della città romana e, quando l’ultimo retaggio delle istituzioni imperiali venne definitivamente perduto, la vecchia piazza forense divenne soltanto un grande vuoto periferico, estromessa e ignorata dalle nuove istituzioni di età longobarda (sec. VI-VIII), carolingia (sec. VIII-X) e alto-comunale (sec. XI-XII), tutte egualmente attestate nella parte sud-est della città, presso le maggiori sedi ecclesiali. (il materiale è proprietà del Gruppo di ricerca Piacenza romana - piacenzaromana.it - fonte Piacenza romana - M. Bissi C. Boiardi, la storia rivive in 3D, Edizioni L.I.R, Piacenza 2013).