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la Corsa di Festorazzi

di Silvio Gallio - storico delle ferrovie

“Non esiste per gli uomini nessuna correzione più a portata di mano della conoscenza delle vicende passate [..] e chiarissimo ed unico maestro del poter affrontare nobilmente i mutamenti della sorte (è) il ricordo delle vicende altrui”. (Polibio).

1863 – movimento sulla Milano Bologna. Appoggiandoci a tanto aulica premessa e scendendo nella storia minore, andiamo a vedere la corsa di Festorazzi, macchinista della “Società per le Strade Ferrate della Lombardia e dell’Italia Centrale”, come passò la notte e buona parte della domenica. Non molto tempo fa. La notte di domenica 7 giugno 1863 il treno “Diretto” n. 81, trainato dalla locomotiva n. 46 del Deposito Locomotive di Porta Vittoria, e chissà perché denominata “Terrore”, arrivò alla stazione di Piacenza alle ore 1.38 con 2’ di ritardo. Lo stesso treno n. 81 ripartì da Piacenza dopo otto minuti, alle ore 1.46. Orario. Il macchinista, Festorazzi, era ai comandi della locomotiva assieme ad un anonimo fochista; il capo conduttore, Brenna, era coadiuvato da due anch’essi anonimi conduttori. Il Diretto n. 81 era arrivato con 7 veicoli in composizione ed era ripartito trainandone 9. Ma non avevano semplicemente attaccato due ‘pezzi’. In otto minuti, alla stazione di Piacenza, all’una e mezza di una notte di domenica hanno tolto quattro carri e ne hanno aggiunti sei! Non è l’incipit di un romanzo storico-ferroviario. È successo davvero. Abbiamo le prove.

Locomotiva n.46 - “Terrore”. Piccolo passo indietro. Dopo la Seconda guerra d’Indipendenza venne stipulata una “Convenzione fra i Ministri dei Lavori Pubblici e delle Finanze di Sardegna e la Società anonima delle ferrovie Lombardo-Veneto e dell’Italia Centrale, avente per oggetto di confermare, in esecuzione dell’art. 2 del Trattato di Zurigo, le concessioni fatte dai Governi d’Austria, di Parma, Modena, Toscana e degli Stati Romani. A seguito dell’articolo V. di questa Convenzione, la Società per le Strade ferrate del Lombardo-Veneto e dell’Italia Centrale venne divisa fra Südbahn nei territori degli Asburgo, oltre Peschiera e, appunto, la Società per le Strade ferrate Lombardia e Italia Centrale, in territorio dei Savoia. Una “distinta”, purtroppo senza data ma riconducibile alla fine del 1863 o all’inizio del 1864, compilata e firmata dall’“Ingegnere in Capo del Materiale” e conservata all’Archivio di Stato di Milano, riporta la numerazione delle locomotive precedente e quella successiva alla divisione. Così il “Numero della macchina” evidenziato nel Mod. M 30, che si vedrà fra poco, ci permette di risalire al tipo di locomotiva e raggranellare qualche piccola precisazione. Sappiamo da viarie fonti che le 50 locomotive “Stephenson” acquistate dalla Società per le Strade Ferrate del Lombardo-Veneto e dell’Italia Centrale fra il 1857 e il 1858 furono divise fra Italia e Austria: 35 a “noi” e 15 a “loro”. Stando a questa distinta, non furono assegnate all’Italia le prime 35 e all’Austria le seconde 15. Alla Lombardia e Italia Centrale rimasero quelle numerate da 36 a 46 compresi e le macchine dal numero 12 al 35 che mantennero la vecchia numerazione. Scopriamo allora che la citata locomotiva n. 46 era una “Stephenson” ed era designata come “Locomotiva a 2 ruote indipendenti”. Simile a quella in figura 1. Un’altra distinta delle locomotive in dotazione, datata 21 marzo 1864, ci specifica che era stata acquistata nel 1863. Quindi nel giorno che stiamo studiando la locomotiva era nuovissima; al massimo era in azione da cinque mesi. E per questo possiamo anche desumere che Festorazzi doveva essere un macchinista esperto, cui affidare una macchina nuova e perciò da tenere sotto osservazione.


locomotiva n.46 detta “Terrore”

Modello M30. Tempo fa mi sono imbattuto in un documento originale del 1863, una pagina del modello M30, “Rapporto intorno al movimento dei treni del giorno...” che doveva venire quotidianamente stilato dal capostazione di Piacenza. Due note a precisazione: 1) Su questa pagina fortunosamente salvatasi dall’oblio, sono stati riportati solo quei treni della Società “Strade Ferrate della Lombardia e dell’Italia Centrale” che interessavano quella stazione, e solo quelli che espletavano il servizio fra Milano e Bologna; 2) Per “Capostazione” dobbiamo intendere quello che per noi vecchi F.S. era il “capostazione titolare”. La calligrafia è della stessa persona per tutti i dodici treni SFLIC di quel giorno e per quella linea (Diretti, Omnibus e Merci) dalle 1.38 della notte alle 20.52(1). La firma in calce è unica. Ne deriva che il rapporto veniva compilato - quasi certamente il mattino successivo - sulla base di informazioni raccolte man mano da altri, probabilmente i “sottocapi”, quelli che oggi sono i Dirigenti Movimento. Per portarci più vicini nel tempo, il Mod. M30 è l’antenato del nostro M42 e alcune voci sono differenti ma il numero del treno, gli orari di arrivo e partenza, i ritardi e i movimenti di manovra sono rimasti. E, come ripasso, ecco la testata del buon vecchio M42. Da notare che ormai sta scomparendo anch’esso, sostituito dai byte. Si sottolineano alcune differenze fra i due Modelli. Saranno significative ed estremamente utili perché hanno reso possibile questa escursione nel mondo del macchinista Festorazzi.


testata del modello M30

Nel Mod. M.30 veniva anche specificata la “Denominazione della Qualità del Treno”: (Diretto, Omnibus, Misto, Merci), i nomi di Macchinista e Capo Conduttore, il numero dei conduttori, variabile in relazione alla composizione; il fochista è uno di default. Il numero della locomotiva. E i motivi di ritardo. Quelli, sempre! Quasi una macchia sull’onore del personale del treno, il capostazione non mancò di segnare, con ottocentesca precisione, quei due minuti. Purtroppo il “Motivo del ritardo” non è stato annotato con uguale pignoleria ma con un lapalissiano e non meglio specificato “Ritardato arrivo”. È ragionevole pensare che non sapremo mai il vero motivo di quel centinaio di secondi raccolti da qualche parte in tratta. Forse la notte era buia e tempestosa. O forse no. Ma si può costruire qualche supposizione appoggiata su un alcune conoscenze: La linea era stata aperta da un paio d’anni ed era ancora tutta a semplice binario in entrambe le direzioni. (Il ponte sul Po sarebbe rimasto a semplice binario fino al 1931); Lato Milano, la stazione sede di incrocio più vicina era Santo Stefano (oggi si aggiunge “lodigiano”) a circa 9 Km da Piacenza. Il tempo di percorrenza di un “diretto” era di circa 10-12 minuti. Quindi fra la partenza di un treno pari, verso Milano, all’arrivo di uno dispari passavano circa 20 minuti. L’orario Bramshaw’s non segnala alcun treno viaggiatori incrociante il diretto n. 81 ma un treno merci che possa creare qualche difficoltà durante le manovre in qualche stazione intermedia; a Lodi, per esempio, è ipotizzabile senza difficoltà; Il ponte sul Po, provvisorio e in legno, era eretto a lato del futuro ponte definitivo e la linea mostrava due curve in ingresso e in uscita. Curve necessarie al raccordo con la stazione e con la linea in esercizio che già presentava il tracciato predisposto per il futuro rettilineo da ottenersi con l’attivazione del ponte definitivo. Logico. Una curva in più e una di raggio minore, però, rallentano i treni. Lo sappiamo bene quando siamo costretti a inviare i treni sul binario di destra e quindi farli transitare “in deviata” attraverso qualche stazione.


ponte sul Po a piacenza

Andata. Il treno condotto da Festorazzi era partito da Milano alle 23.55 di sabato 6 giugno. Abbiamo visto nel numero de la Tecnica Professionale di aprile 2015 quali fossero i doveri “accessori” del Personale di Macchina. L’ignoto fochista del diretto n. 81 doveva essere presente almeno un’ora prima della partenza, quindi attorno alle 22.50 per i lavori di preparazione della locomotiva; il macchinista Festorazzi doveva iniziare la preparazione del treno almeno mezz’ora prima della partenza. Quando tutto era pronto, abbandonata la stazione di Milano Porta Vittoria (o se, come me, preferite il precedente nome) Milano Porta Tosa, Festorazzi lanciava la sua 46 - “Terrore” e il diretto n. 81 nella notte della pianura lombarda.

Alle 0.42, dopo una sosta, lasciava Lodi per transitare sul legnoso ponte del Po poco dopo l’una e mezza e arrivare a Piacenza, appunto all’1.38 +2’. L’orario ufficiale che ho consultato non segnala altre fermate intermedie e la corsa del diretto n. 81 doveva essere piuttosto libera. L’ultimo treno che partiva da Piacenza, alle 20.40 era il n. 79, un Misto diretto a Parma, nella stessa direzione e ad una distanza di ben quattro ore. Sempre da Piacenza, l’ultimo treno verso nord era il n. 78, Omnibus delle 19.57 che sarebbe arrivato a Milano alle 22.05. Ben prima che il Diretto n. 81 lasciasse Milano Porta Vittoria. Del resto, più sotto, vengono proposti due grafici dell’orario teorico viaggiatori. Grafici non ufficiali, beninteso. Disegnati a mano nel corso della redazione di questo articolo. Con la sicurezza della via libera fino a Piacenza, senza dover effettuare incroci ed eventualmente doversi fermare a Santo Stefano per attendere un collega in senso inverso, il macchinista poteva gestire la sua “Terrore” con una discreta tranquillità almeno fino alla “Mortizza”. Lì era istituito un “rallentamento”. La Mortizza è uno dei tanti canali scolmatori che serpeggiano per la pianura padana, lombarda in particolare; la “vecchia” ferrovia lo scavalca con un corto ponte, di non impegnativa realizzazione, pochi chilometri a sud di Santo Stefano Lodigiano. Cosa piuttosto singolare, a pochissima distanza da quel punto la “vecchia” ferrovia viene a sua volta scavalcata dalle linea AV/AC che si avvicina a Bivio Piacenza Ovest. Una località ad alta vocazione ferroviaria. Ormai Festorazzi e il suo Diretto n. 81 sono a poca distanza dal Po. Il guardiano alla torre posta all’imbocco del ponte, mancando treni in circolazione, doveva “per forza” esporre il segnale di via libera. Eppure Festorazzi arriva con 2 minuti di ritardo. Motivo sconosciuto. Eppure il capostazione deve aver chiesto il motivo del ritardo al capo conduttore o al macchinista; non c’erano altri mezzi di comunicazione che quella interpersonale, all’arrivo del convoglio. Mutati mutandis, succede anche oggi. Quando, su richiesta dei “signori delle statistiche”, il DC-DCO-DM, con il cellulare, chiede ai macchinisti il motivo della perdita di qualche minuto. Caduta generale dalle nuvole. “Mah? Tutto regolare!” Per logica conclusione, se non è successo nulla esterno al treno e nulla di “meccanico”, il problema è da ricercarsi nel fattore umano. Qualcuno, a terra o sul diretto n. 81, aveva la coscienza non del tutto pulita. Possiamo anche ritenere che il DM non abbia chiesto nulla perché conosceva il motivo di ritardo. A ben pensarci, “Ritardato arrivo” può significare che il Dirigente Movimento assumesse la responsabilità di aver lui stesso ritardato l’arrivo, mantenendo a via impedita il segnale di protezione. Per esempio, pochi minuti prima del diretto n. 81, doveva arrivare un diretto da Alessandria, se fosse stato in ritardo avrebbe forse interferito con l’itinerario di arrivo di Festorazzi. La stazione di Piacenza non era ampia, imponente e ricca di binari come quella odierna. Purtroppo questo dettaglio non ci è giunto; il Mod. M30 non riporta il movimento dei treni di quella linea. Lasciata Piacenza alle 1.46 si affrontavano i 22 chilometri per Fiorenzuola da dove si partiva alle 2.22.

Poi Borgo San Donino (diventerà Fidenza per la ricerca della romanità del Ventennio con partenza alle 2.43. Parma dista altri 22 chilometri e il Diretto n. 81 ne parte alle 3.16. I 29 chilometri fino a Reggio (non ancora Reggio Emilia) saranno coperti in 40 minuti e il treno se ne va alle 3.54. Altri 24 chilometri per Modena da cui il treno muove alle 4.30 per fermarsi solo a Bologna. Termine corsa. Può essere utile e interessante la tavola dell’orario ufficiale della Milano-Bologna che Bramshaw’s Monthly Continental Railway Guide stampa per il mese di maggio 1863. Si noti che non sono indicati gli orari di arrivo tranne che a Piacenza; cosa comunissima anche ai nostri giorni, ma che avrebbe aiutato noi posteri a leggere con maggior precisione lo scorrere del traffico. Peccato. Per chi amasse avere uno sguardo immediato, ecco due grafici che ho cercato di elaborare, per deformazione professionale e pura indicazione di massima, sulla scorta dei pochi dati reperibili, si riferiscono al solo traffico viaggiatori e alla sola linea Milano-Bologna. Nell’Orario ufficiale sono esposti anche i treni Misti - ad esempio il 71 e il 72 - poiché svolgevano anche trasporto di persone. Almeno un treno o due dedicati alle sole merci erano certo previsti ma non se ne conosce l’orario. Le soste sono state solo indicate e la loro durata è graficata solo per quei treni di cui l’orario fornisce i dati (per esempio a Piacenza). Di certo, in alcune stazioni si prevedevano soste più lunghe per manovra o rifornimento. Alle 5.20 Festorazzi con la sua “Terrore” n. 46, Brenna con i suoi veicoli e tutti i trasportati arrivano alla stazione di Bologna (non ancor Centrale). Siamo ai primi di giugno; si comincia a vedere qualche segno dell’alba. In tutta la notte, in tutta la tratta, hanno incrociato - probabilmente a Pontenure un solo treno che andava a Milano. Si trattava del Diretto n. 82. Solo per la cronaca - perché null’altro ha a che fare con la corsa di Festorazzi - questo treno era arrivato a Piacenza alle 2.20, orario, trainato dalla locomotiva n. 16 “Clio”, guidata dal macchinista, Comensoli. Il capo conduttore, Molinari e 2 conduttori gestivano gli 11 “pezzi” arrivati. Quella notte di domenica, a Piacenza, curarono lo scarto di 7 carri e l’aggiunta di 3. Avviso ai colleghi capistazione. Attenzione a quello che scrivete! Anche dopo un secolo e mezzo abbondante il capo reparto vi può fare le pulci.


interno stazione di piacenza

Ritorno. A Bologna, dopo i tempi tecnici per scaricare viaggiatori, bagagli e pacchi e per sganciare i veicoli merci in composizione, Festorazzi e il suo anonimo fuochista, dopo sei o sette ore di presenza e duecento notturni chilometri sulla pedana fra il fuoco del forno e la polvere del tender, hanno rifornito la locomotiva. Girata su una delle piattaforme, l’hanno riagganciata ai veicoli (carrozze e carri) pronti per la partenza. Così il treno Omnibus n. 74, trainato dalla locomotiva 46 “Terrore” del Deposito Locomotive di Milano Porta Vittoria, partirà dalla città felsinea alle 6.25 del mattino con fermate a: Lavino, Samoggia, Castelfranco, Modena, Reggio, S. Ilario, Parma, Castelguelfo, Borgo San Donino, Alseno, Firenzuola (sic), Pontenure e Piacenza. D’altra parte i Quadri statistici sulle opere pubbliche negli anni 1862 e 1863 del Ministero dei Lavori Pubblici, datato dicembre 1863, a pag. 73 segnala che per la Milano-Piacenza “restano ad eseguirsi i fabbricati definitivi delle stazioni”. Altri 200 chilometri, questi diurni, per fortuna, ma con molte soste per servizio, e con un traffico che, senza essere l’infernale successione di oggi, presentava i suoi problemi. Per prima cosa, un Omnibus era più in basso di un Diretto nella scala gerarchica dei convogli. Se c’erano dei ritardi o dei contrattempi era questo che doveva cedere il passo o attendere l’arrivo dell’incrociante di più alto rango. Il treno era il mezzo di comunicazione più veloce dell’epoca, spostare gli incroci era un azzardo e, di giorno, qualche incrocio doveva pur avvenire data la maggiore intensità del traffico. Restando nel campo dei treni viaggiatori, l’Omnibus n. 74 d’orario incrociava: – a Modena, il treno Misto n. 71 partito da Parma alle 5.45; – a Castelguelfo, l’Omnibus n. 73; – a Santo Stefano (Lodigiano) il Diretto n. 75; – a Melegnano (o forse Tavazzano) l’Omnibus n. 77. Come curiosità notiamo che il treno Omnibus n. 74, condotto da due ferrovieri che avevano trascorso buona parte della notte su quella locomotiva, soggiaceva al maggiore numero di incroci di tutti. Gli altri treni erano soggetti al massimo a tre incroci con altri treni viaggiatori. Ancora una volta Festorazzi e il suo fuochista, con il capo conduttore, Beduschi e tre conduttori, secondo il Mod. M30 di domenica 7 giugno 1863, faranno arrivare a Piacenza il loro treno alle ore 11.07; orario. Poco più di quattro ore di percorrenza per i 146 chilometri. Una bella prestazione anche questa, per un Omnibus che fermava dappertutto. La linea Piacenza-Bologna era stata aperta nel 1859, giusto quattro anni prima, e per quella tratta la guida Baedecker del 1860 assegnava una percorrenza di 5 ore e mezza . A Piacenza verranno tolti tre dei dodici veicoli giunti e l’Omnibus n. 74 ripartirà alle ore 11.55 con 9 “pezzi” in composizione. Quello stesso giorno Festorazzi macchinista e i suoi colleghi - ce lo dice l’M30 compilato da un altro capostazione, quello di Porta Vittoria - arriveranno a Milano Porta Tosa, orario. Fra Piacenza e Milano si sono fermati per manovrare perché il treno arriverà con 10 veicoli. E dotato di ben 4 conduttori.


interno stazione di rogoredo

Ultimi chilometri, Rogoredo il traffico si intensificava. Nei sei chilometri da questa stazione al Milano Porta Tosa si doveva tener conto anche delle quattro coppie di treni viaggiatori (più alcuni merci) della linea per Pavia-Genova. Un rapido controllo con l’Orario permette di rendersi conto che nessun treno viaggiatori di maggiore importanza, se orario, avrebbe interferito con la corsa di Festorazzi e del suo Omnibus n. 74 alla stazione, poco lontana dall’arrivo, che smistava i treni per Genova. Non sfugga come questa galoppata fra la Madunina e le Due Torri e ritorno ci evidenzi anche il progresso tecnologico avvenuto nel frattempo nel mondo delle locomotive. La n. 46 “Terrore” era stata acquistata fra il 1857 e il 1858. Sono passati una quindicina d’anni da quando, nel 1841, il progettista della Milano-Venezia, l’ing. Giovanni Milani, ricordava che la manutenzione delle locomotive doveva essere compressa in tempi e spazi decisamente ridotti:

l’esperienza ha dimostrato che [..] la corsa continua di una macchina locomotiva non deve superare i 60, od al più i 70 mila metri. Dopo una corsa simile, convien fermare la macchina, visitarla, pulirla, sgombrare il focolajo, vuotare la caldaja se occorre, in somma bisogna cambiarla con un’altra..

In questo breve arco di tempo l’evoluzione tecnologica ha permesso a Festorazzi di percorrere quattrocento chilometri in poco meno di quindici ore con solo qualche ripristino di acqua e carburante. E l’evoluzione tecnologica ha permesso anche alla Società per le Strade Ferrate della Lombardia e dell’Italia Centrale di imporre a Festorazzi e al fuochista quelle quindici ore, quei quattrocento chilometri, sullo scoperto predellino della locomotiva n. 46. Più di quindici ore di viaggio a cui si devono aggiungere un’ora prima e una dopo per gli “accessori”. Accessori veri. Bisognava staccare la locomotiva, portarla al Deposito e pulirla. Ciò fatto, più o meno alle 15.30 del pomeriggio Festorazzi e il suo fido scudiero avevano - finalmente - terminato la loro corsa. Forse per questo la locomotiva n. 46 si chiamava “Terrore”..

L’orario di novembre dell’anno successivo, 1864, ci dirà che il Diretto n. 81 partirà da Milano alle ore 23.20 (trenta minuti prima del pari numero dell’anno precedente) con mezz’ora (e non soli dieci minuti) di sosta a Piacenza (partenza all’1.30), per arrivare a Bologna alle 4.50. Se Festorazzi faceva ancora lo stesso turno aveva un pò più di respiro. Ma poco. Rispetto all’anno appena trascorso il Diretto n. 81 arrivava a Bologna 38 minuti prima e l’Omnibus n. 74 ne partiva 10 minuti più tardi; a Piacenza non sostava per 34 minuti ma “solo” per 30, e arrivava a Milano alle 14.00; trentasette minuti di meno all’arrivo. Una corsa meno pressante, con qualche sosta più lunga. Ma Festorazzi, alla fine, sul treno con fuoco e carbone, ci stava per un tempo quasi uguale. Pubblicato da la tecnica professionale, settembre 2015.