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Giovanni Righetti - sportsman


Giovanni Righetti

Li chiamavano sportsman. Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento e ancora all’inizio del secolo successivo, erano i seguaci di un fenomeno nuovo, non ancora di massa eppure in costante crescita. Spesso la loro passione abbracciava diverse discipline e si esprimeva non solo nell’agonismo, ma pure in campo organizzativo e dirigenziale. Grazie soprattutto a questi “pionieri” lo sport, in origine élitario, diventò accessibile a fasce sempre più ampie della popolazione. E un autentico esempio di sportsman può sicuramente essere considerato il piacentino Giovanni Righetti, che per oltre vent’anni si distinse in competizioni di varie specialità e poi proseguì il suo impegno come dirigente di sodalizi storici come Nino Bixio (di cui fu “Socio Benemerito”) e Piacenza Calcio (con la carica di consigliere). Seppe anche tramandare l’amore per lo sport ai due figli maschi: Edoardo giocò a pallacanestro nella squadra di Podenzano, nel Gruppo Rionale Filippo Corridoni Piacenza e poi, mentre frequentava l’Università a Milano, nel Dopolavoro del Corriere della Sera; l’ultimogenito Angelo, nel secondo dopoguerra, difese per alcune stagioni la porta del Podenzano Calcio, quindi fu a lungo allenatore del settore giovanile della stessa società. Righetti nacque l’8 giugno 1885 ad Altoè di Podenzano, da genitori entrambi di origini svizzere. Il padre era ingegnere e aveva avviato a Piacenza uno studio tecnico che si occupava di progettazioni edilizie e dell’amministrazione di aziende agricole. Giovanni, terminati gli studi superiori, ripercorse le orme paterne, trasferendosi a Pavia per frequentare la locale facoltà di Ingegneria. E proprio il periodo trascorso nella città lombarda si rivelò per lui particolarmente importante. Infatti, non solo conobbe la sua futura moglie, Delia Casali, ma iniziò anche a praticare seriamente il canottaggio e con l’equipaggio della jole quattro vogatori dell’Ateneo pavese vinse due campionati studenteschi.


Giovanni Righetti ciclista in una foto scattata a Pavia

Si avvicinò quindi al ciclismo, sport avviato a una grande popolarità. Tra il 1905 e il 1908 partecipò anche a corse di carattere nazionale, confrontandosi con atleti destinati a una prestigiosa carriera professionistica. Uno di loro, il pavese Ernesto Rolando, si affermò come uno dei migliori stayer italiani e lo volle come “allenatore” nelle gare dietro motori: Righetti, a bordo di una Zedel, nel 1909 guidò l’amico sulle piste dei velodromi di Milano, Parma, Pavia, Bergamo e Piadena.


Torino, 1923: l’armo dei “Pesciolini d’acqua dolce”,
con Giovanni Righetti (il primo da destra)

Terminati gli studi, tornò nella nostra città e nel 1911 partecipò con la squadra piacentina di tiro a segno al quinto Concorso Nazionale di Roma. Inoltre, entrò a far parte degli equipaggi della jole a quattro vogatori e dell’outrigger a otto vogatori della Nino Bixio. Il 20 settembre 1912, vincendo le avverse condizioni atmosferiche, compì un’estenuante regata solitaria di 69 chilometri da Piacenza a Cremona (la notizia del raid trovò spazio anche sulle pagine della Gazzetta dello Sport). Il tempo di diventare per la prima volta padre (nel 1914 nacque il primogenito Edoardo) e subito si ritrovò trascinato nel tragico vortice della Prima Guerra Mondiale. Dopo aver frequentato la scuola di Artiglieria a Modena, con il grado di tenente, prese il comando della 70esima batteria d’assedio aggregata alla terza Armata del duca d’Aosta Emanuele Filiberto. Un’esperienza particolarmente dura, che si concluse nel maggio 1918, con il rientro alla Direzione d’Artiglieria di Piacenza. Quell’anno, con dell’outrigger a otto vogatori italiano, vinse a Como la Coppa d’Inghilterra, disputata fra le nazioni vincitrici del conflitto. Quando poté finalmente tornare alla vita civile, Righetti riallacciò ancor più saldamente il suo legame con lo sport, benché avesse ormai abbondantemente superato la trentina. Di fatto, per lui, iniziò una seconda giovinezza agonistica, che coincise con la piccola epopea dei “Pesciolini d’acqua dolce”. Questo curioso nome di battaglia identificava i componenti dell’outrigger a otto vogatori della Nino Bixio che tra il 1922 e il 1925 conquistò una ventina di vittorie in varie parti d’Italia, oltre a molti piazzamenti di prestigio. Tra i tanti, il loro successo più bello lo raggiunsero il 27 maggio 1923 agli Agonali del Remo di Salò, meritandosi i complimenti del poeta Gabriele D’Annunzio, che regalò a ciascuno di loro una sua fotografia autografata accompagnata da una simpatica dedica: “Ai gloriosi Canottieri della Nino Bixio di Piacenza, non più pesciolini d’acqua dolce ma pesci spada di tutte le acque”.

La foto che Gabriele d’Annunzio regalò ai componenti dell’equipaggio
della Nino Bixio vincitore agli Agonali del Remo del 1923
(si noti in basso la dedica personale “all’ottava voga G. Righetti”)

Nel luglio 1924 l’equipaggio biancoblù fu anche invitato alle regate internazionali di Henley, dove ogni anno il meglio dello sport remiero mondiale si contendeva la Thames Challange Cup. Ma sulle acque del Tamigi la fortuna voltò decisamente le spalle ai piacentini. Il malanno alla schiena del capovoga Tirotti e un sorteggio “tremendo”, che li mise subito a confronto con i fortissimi londinesi del Maidenhead Rowling Club, spensero immediatamente i sogni di gloria. L’eliminatoria con gli inglesi, in realtà, fu assai combattuta e i favoriti del torneo dovettero penare non poco prima di avere la meglio sui nostri portacolori, mentre, da lì in avanti, il loro cammino verso la vittoria finale risultò molto più agevole. Fu questa l’ultima impresa, incompiuta, del glorioso armo della Nino Bixio, che si sciolse di lì a poco e così anche la carriera sportiva di Righetti giunse al capolinea. Ormai ultraquarantenne, nel maggio 1926 non esitò a impugnare nuovamente i remi in occasione di una delle più drammatiche piene del Po, affrontando con coraggio le acque del Grande Fiume per portare felicemente a termine numerosi salvataggi nella zona di Gargatano. Uomo di grande generosità e altruismo, non avrebbe certo meritato l’enorme dolore procuratogli dalla morte del figlio Edoardo, ufficiale di Artiglieria durante il secondo conflitto mondiale, caduto in combattimento a El Mechili (Libia) il 18 dicembre 1941. Con questo grande peso nel cuore, Righetti si avviò comunque verso una tranquilla vecchiaia, accompagnata da intensi ricordi e un po’ di malinconia, mentre assisteva ai repentini e profondi cambiamenti di uno sport ormai troppo lontano da quello vissuto con tanta passione. E la nostalgia sicuramente lo assaliva anche di fronte alle eleganti e spoglie cornici in argento che un tempo accoglievano le medaglie delle sue vittorie: quelle medaglie, come molti altri italiani, le aveva donate “alla Patria” nel 1935, in occasione della raccolta di oro indetta dal regime tra la popolazione per fare fronte alle sanzioni comminate della Società delle Nazioni dopo l’invasione dell’Etiopia. Giovanni Righetti morì a Piacenza il 21 febbraio 1968, a 83 anni, lasciandoci comunque in eredità una bellissima storia di uomo e sportivo. (Graziano Zilli, piacenza).


Righetti in sella alla “Zedel 1909”, con la quale guidò lo stayer Rolando in competizioni dietro motori nei disputate nei velodromi di Milano, Parma, Pavia, Bergamo e Piadena