Alpini Piacentini
di Ippolito Negri
dal 1882 all’86ª Adunata dell’Ana
dal 1882 all’86ª Adunata dell’Ana
La recentissima 86ª Adunata della Associazione Nazionale Alpini (ANA) tenutasi dal 10 al 12 maggio a Piacenza (per la prima volta nella storia) offre l’occasione per ricordare anche su queste pagine il legame tra i piacentini e il Corpo degli alpini, rimandando l’approfondimento allo speciale dell’Urtiga uscito nell’occasione. Se in quelle 224 pagine si possono trovare gli elenchi di tutti gli alpini decorati, dei caduti nelle diverse guerre e una serie di biografie più dettagliate, vale la pena sintetizzare quella che è una storia che parte dal 1882. La nascita del corpo risale al 1872 quando vennero create le prime 16 compagnie nelle valli piemontesi. Un progetto ideato dal Luigi Perrucchetti e sviluppato dal ministro della Guerra, Ricotti con uno stratagemma che permise di superare le limitazioni poste in Parlamento per motivi di bilancio. Che servissero truppe specializzate per i confini alpini era di facile intuizione e quindi una volta avviato il progetto e verificata la bontà sul campo in un decennio si passò dalle 16 compagnie alle 72 della riforma decretata nell’ottobre 1982 che organizzò pure i battaglioni e i reggimenti (otto di tre battaglioni ciascuno). Così per rimpinguarne le fila dei primi due reggimenti formati nelle valli piemontesi vennero coinvolte nell’arruolamento nelle truppe da montagna oltre alle vallate alpine anche le zone dell’Appennino ligure e tosco emiliano in particolare del Parmense e del Piacentino.
Nel frattempo il comando delle truppe da montagna venne attribuito al IV Corpo d’Armata che aveva a Piacenza la propria sede. Un ulteriore legame dei piacentini con gli alpini. Anche la prima medaglia d’oro degli alpini, il capitano Pietro Cella nato Bardi, è piacentina. Cella era nato a Bardi allora provincia di Piacenza e morì nel 1896 ad Adua, ed anche allora quel territorio era piacentino rimanendolo fino al 1926. Per motivi geopolitici poco comprensibili la sua medaglia d’oro figura sul labaro della Sezione ANA di Parma e viene, oggi, considerato parmense (all’adunata la sezione di Parma ha sentito la necessità di sfilare con uno striscione che ribadiva come Cella sia di Bardi), per le stesse incomprensibili ragioni che portarono all’assegnazione del cavalierato di Vittorio Veneto a un istriano che combattè sul Piave, ma con l’imperial-regio esercito. D’altra parte, e nello speciale Alpini piacentini lo si spiega, vengono oggi ascritti a Piacenza i caduti del compartimento bobbiese che erano, ai tempi della Grande Guerra, in provincia di Pavia (con la complicanza in qualche caso della doppia appartenenza, a Pavia per i limiti amministrativi, ma a Piacenza per la dipendenza da quel Distretto militare). Rimane il fatto che le valli dei comuni appenninici piacentini - ma spesso anche in pianura e nel capoluogo - furono fin che vi fu servizio di leva zone di arruolamento alpino. Lo testimonia anche il numero dei caduti (oltre 350 nel primo conflitto mondiale - ma superati di diverse decine dai bersaglieri - su 4800 e oltre 430 nel secondo su 2600 militari) che figurano negli elenchi dei battaglioni di tutti i dieci reggimenti alpini che hanno combattuto nei conflitti del Novecento.
Quasi 300 sono gli alpini piacentini che meritarono decorazioni al valore, comprese tre medaglie d’oro, Cella appunto, Rodolfo Boselli (nato da famiglia piacentina trasferitasi a Modena) e Giuseppe Silva di Vernasca. Nella ricerca storica affrontata nello speciale de L’urtiga, che ha avuto il riconoscimento ufficiale dell’ANA e s’è fregiato del marchio ufficiale della 86ª Adunata, sono emerse interessanti storie di alpini piacentini, dai pluridecorati generali Gustavo Pesenti e Leone Ceruti, ai gemelli Giulio e Livio Daturi, ufficiali caduti in Albania a pochi giorni uno dall’altro, alle medaglie d’argento Leone Nasalli Rocca (un altro caso, piacentinissimo di famiglia, ma nato in Savoia) a Vincenzo Laneri (anche lui piacentino, nato a Foligno da un funzionario statale piacentino, studente dell’Alberoni e sepolto poi a Milano), agli alpini Paolo Boccacci di Boccolo, Francesco Cordani di Bettola e Luigi Lepori di Farini decorati, tutti e tre, per atti di valore in combattimento nella stessa giornata del 1915 a Punta Isidoro sull’Ortigara. E ancora Pietro Inzani alpino e caduto decorato nella Resistenza, il giovane volontario Vito Neri, giornalista Giacomo Crollalanza, caduti nella Grande Guerra. E capitoli di storia minima, raccolti nello speciale de L’urtiga, perché non se ne perda la memoria, sono anche le storie di reduci, come quella di Lazzaro Ponticelli, ultimo alpino della Grande Guerra oltre che ultimo poilu, celebrato solennemente in Francia, e quella di Padre Gherardo Gubertini, cappellano in Russia.
Quasi 300 sono gli alpini piacentini che meritarono decorazioni al valore, comprese tre medaglie d’oro, Cella appunto, Rodolfo Boselli (nato da famiglia piacentina trasferitasi a Modena) e Giuseppe Silva di Vernasca. Nella ricerca storica affrontata nello speciale de L’urtiga, che ha avuto il riconoscimento ufficiale dell’ANA e s’è fregiato del marchio ufficiale della 86ª Adunata, sono emerse interessanti storie di alpini piacentini, dai pluridecorati generali Gustavo Pesenti e Leone Ceruti, ai gemelli Giulio e Livio Daturi, ufficiali caduti in Albania a pochi giorni uno dall’altro, alle medaglie d’argento Leone Nasalli Rocca (un altro caso, piacentinissimo di famiglia, ma nato in Savoia) a Vincenzo Laneri (anche lui piacentino, nato a Foligno da un funzionario statale piacentino, studente dell’Alberoni e sepolto poi a Milano), agli alpini Paolo Boccacci di Boccolo, Francesco Cordani di Bettola e Luigi Lepori di Farini decorati, tutti e tre, per atti di valore in combattimento nella stessa giornata del 1915 a Punta Isidoro sull’Ortigara. E ancora Pietro Inzani alpino e caduto decorato nella Resistenza, il giovane volontario Vito Neri, giornalista Giacomo Crollalanza, caduti nella Grande Guerra. E capitoli di storia minima, raccolti nello speciale de L’urtiga, perché non se ne perda la memoria, sono anche le storie di reduci, come quella di Lazzaro Ponticelli, ultimo alpino della Grande Guerra oltre che ultimo poilu, celebrato solennemente in Francia, e quella di Padre Gherardo Gubertini, cappellano in Russia.
i gemelli Giulio e Livio Daturi caduti nel 1940 in albania
Non c’è episodio della storia degli alpini - dal Monte Nero al Rombon, dal Sass da Stria, all’Altopiano di Asiago, dall’Albania alla Ritirata di Russia dall’affondamento del Galilea in cui scomparve il battaglione Gemona ai combattimenti in valle d’Idice - che non abbia visto la presenza di piacentini, così come non c’è reggimento alpino che non abbia sentito la parlata piacentina (i piemontesi chiamavano “Chimò” i commilitoni delle nostre valli), nell’una e nell’altra guerra mondiale. Così troviamo piacentini anche nelle guerre d’Africa, nella guerra di Libia (Pesenti, Ceruti e il semi-piacentino Boselli ebbero le prime medaglie al valore, come anche Pierleone Nasalli Rocca), nella guerra d’Etiopia (l’oro di Silva!). E nel dopoguerra erano nomi noti in tutte le famiglie quelli dei battaglioni e dei reggimenti alpini e di artiglieria da montagna della Divisione Julia che accanto ai friulani raccoglieva soprattutto piacentini e abruzzesi. Insomma l’86ª Adunata dell’ANA - coraggiosamente e tenacemente voluta dal presidente della Sezione di Piacenza, Bruno Plucani - è stato un ritorno a casa, quasi una riunione di famiglia. Oltre che un nuovo capitolo che si va ad aggiungere a una storia che per i piacentini è cominciata nel lontano 1882. (testo dalla rivista l'Urtiga per gentile concessione di LIR edizioni).
gli onori alla Bandiera di guerra arrivata a piacenza, ph piacenzanight