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la Grande Piena del 1907 a Porta Borghetto

di Cesare Zilocchi

In epoca medioevale, borghi e borghetti erano poveri insediamenti che sorgevano spontanei a ridosso dei centri fortificati. Vivevano facendo i lavori bassi e sporchi per conto del castello: macellazione del bestiame, concia delle pelli e simili. Finivano poi per essere inglobati in successivi ampliamenti delle mura. Il nostro Borghetto fu inglobato nell’ampliamento deciso da papa Clemente VII con la bolla per le fortificazioni della città di Piacenza, datata 23 ottobre 1528 e indirizzata “ai diletti figli, al priore e agli Anziani della nostra Città di Piacenza”. Un precedente “breve” papale non era bastato. I piacentini avevano opposto orecchi di mercante dato che metter mano alle fortificazioni comportava pesanti oneri posti a carico della comunità. Ampliate le mura si aprì la “Porta” in fondo all’ex Borghetto, ormai inglobato nella città. Questa di cui parliamo è l’ultima, in ordine di tempo, delle antiche Porte cittadine.


via san bartolomeo e cotonificio

La fece costruire il cardinale Egidio Gambara, che governava Piacenza per conto dello Stato Pontificio cui la città apparteneva. Il nome del Gambara e l’anno di costruzione sono incise in una grande tavola di marmo alla sommità esterna della Porta stessa. Da questa premessa si capisce che il Borghetto non poteva coincidere con quella che oggi indichiamo come via Borghetto. Infatti, ancora nel secolo scorso il lungo tratto tra via Roma e vicolo Cortazza veniva denominato Contrada San Sisto. Il Borghetto cominciava quindi là dove la strada decisamente scende di livello, tra via San Rocchino e la quasi dirimpettaia via Balsamo (di recente impianto). Proprio all’angolo con la via Balsamo, sorgeva la chiesa parrocchiale di Santa Maria in Borghetto (soppressa nel 1860), della quale esiste una attestazione documentaria datata 1141 che la colloca “fuori Porta Milanese”. L’unico riferimento sacro sopravvissuto nel Borghetto è il sacello mariano costruito sotto una volta della Porta, forse nel XVIII secolo.


livello della piena del Po nel 1907 a porta borghetto

I fedeli rivolgevano alla Madonna della Porta la preghiera di preservare il Borghetto dalle ricorrenti piene del Po. Chi entra in città dal ponte del vallo può leggere un’altra curiosa incisione sulla spalla destra della Porta. Tale P. Garetti (un muratore successivamente emigrato) tracciò un breve linea orizzontale e le parole “fin qui”. È il livello delle acque del Po raggiunto durante la grande alluvione del 1907. Nonostante le esondazioni, con il Po il Borghetto viveva in stretta simbiosi. Pescatori, cacciatori, legnaiuoli, cavatori di sabbia, carrettieri, traevano dal grande fiume il necessario per mettere insieme un magro pranzo e una parca cena. Le donne facevano le bugandaie per gli ufficiali delle caserme.
Lavavano e stendevano il bucato presso il Fodesta, nel vasto spiazzo libero detto “i siär” (ins i är, sulle aie) che dal Borghetto si estendeva a semicerchio fino a San Sisto, ai Pontieri, alle mura. Al centro dei siär una fornace per la cottura dei mattoni dava un po’ di lavoro e alimentava altresì il via vai delle barre cariche di argille del Po, tirate da poderosi cavalli con le criniere bionde agli ordini di carrettieri sanguigni che esibivano coloratissimi fascioni in vita, fazzoletti al collo e fruste schioccanti nell’aria. Sulla strada si aprivano piccoli commerci e osterie la cui fama si è protratta fino ai tempi nostri. Nella parlata dei vecchi ricorrono ancora i tre vertici che delimitavano lo storico Borghetto: la cunträ, la Porta, i siär (la strada, la Porta, le aie). (testo dalla rivista l'Urtiga per gentile concessione di LIR edizioni).


via mazzini e muntà di rat