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il Cielo - Dipinto del Palazzo delle Poste-

di Mimma Berzolla

Chi da piazza Sant’Antonino imbocca la via omonima, è colpito dal Palazzo delle Poste che si innalza sulla destra: esso ha una facciata molto particolare, unica nel suo genere a Piacenza. Costruito nel 1911 per la sede della Banca Cattolica di Sant’Antonino, progetto dell’ingegnere Ettore Martini, ci stupisce per il basamento a bugnato di marmo: è un susseguirsi di ben allineate piramidine a base quadrata, che sporgono verso l’esterno come punte di diamanti.


facciata esterna del palazzo poste-foto d. corgnati

L’edificio appartiene al movimento architettonico del primo Novecento detto “Storicismo accademico” o “neoeclettismo”, a fronte del nascente “razionalismo”; già a fine Ottocento aveva preso vita una corrente definita “eclettismo tipologico”, consapevole rivisitazione di più stili. Richiamandosi agli stili del passato, cercava di creare uno stile nazionale dopo la fioritura del Liberty. Così per gli edifici sacri si fanno evidenti richiami al medioevo, individuato come periodo in cui fiorì una forte religiosità: in città è un chiaro esempio di eclettismo la chiesa del Corpus Domini, in stile “neo romanico-goticobizantino”, così come la cappelletta della Madonna della Bomba sul Pubblico Passeggio, in stile neogotico. Per gli edifici civili, scuole, banche ecc., si fa rivivere il Rinascimento. Ecco allora l’edificio per la Banca di Sant’Antonino, chiaramente ispirato al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, bellissima costruzione sorta a fine Quattrocento. Se già l’esterno è attraente, la vera sorpresa è il salone, un ampio vano “a doppio volume”, luogo dove si accede ai vari sportelli. L’allestimento è ancora quello originale di cent’anni fa: era il “Salone dei depositanti”. Ve ne era uno simile a Palazzo Galli, sede prima della Banca Popolare Piacentina, poi di numerosi organismi legati al mondo agricolo, tra cui il Consorzio Agrario Provinciale (ora tutti riuniti nel Palazzo degli Uffici del Consorzio in via Colombo); lì mosse poi i primi passi la Banca di Piacenza. Un altro esempio simile fu l’edificio per la Cassa di Risparmio in via Poggiali, anch’esso neorinascimentale, oggi Cariparma Crédit Agricole. Entrati nel salone, se guardiamo verso l’alto, lo stupore è totale. È un grande affresco, circa m. 10,50 x 13,80, che occupa tutto il soffitto a padiglione. Il cielo, realizzato da Pacifico Sidoli nel 1913, comprende anche alla sommità delle quattro pareti un notevole fregio con motivi decorativi, un nastro continuo di repertorio liberty: vediamo cicogne affrontate, stilizzate e flessuose, e motivi floreali che al centro delle pareti circondano medaglioni figurati e stemmi della città.


il cielo, dipinto da pacifico sidoli nel 1913

È stato calcolato che complessivamente sono circa trecento metri quadrati, che il pittore piacentino Pacifico Sidoli (1858 - 1963), allora assai famoso in Italia e in Francia, realizzò insieme al fratello Nazzareno (1879 - 1969), anch’egli pittore. Il tema proposto per l’affresco del soffitto fu l’allegoria dell’abbondanza, ben adatto ad un istituto di credito. Sulla stampa locale così scrive il “Nuovo Giornale” del 1° gennaio dell’anno successivo, a firma A.M. Zecca: “Il tema che gli si sottopose per la volta del salone dei Depositi (ampio e alto due piani con lesene e capitelli corinzi e ben ventotto larghe vetrate e botticino e marmo rosso di Verona a profusione..) non era senza difficoltà, poiché si trattava di maritare insieme concetti disparatissimi, religiosi e profani nello stesso tempo. Ebbene, il pittore creò una bella figurazione simbolica sul tema obbligato.. Attrae subito lo sguardo la figura della donna piena di movimento e di grazia che campeggia solenne nella parte centrale sollevando con la sinistra la cornucopia che versa l’abbondanza e con la destra una corona d’alloro come una Vittoria.A sinistra, in alto, una croce radiosa portata da un angioletto che con altri celesti compagni si leva sulle creste delle nubi, le quali si agitano, capricciose per tutto come sospinte da buffi di vento e fumano lasciando intravvedere qua e là lembi di cielo cobalto e la città di Piacenza nella lontananza avvolta da una bruma misteriosa. Vi si possono scorgere infatti le torri del Duomo e di S. Antonino, la cupola di S. Agostino e il massiccio della Cittadella. La parte inferiore dell’affresco è tutta una gloria di fiori e uno sciame di putti alati, forti e gioiosi nell’opera dolce del miele.. Essi rovesciano alveari fatti di steli di paglia, e ruzzano tra i fiori e ridono” (F. Arisi- S. Fugazza, Pacifico Sidoli, TEP 1995).

Non si potrebbe fare descrizione migliore. Trattandosi di una banca cattolica nel nome di Sant’Antonino, ecco nel fregio di fronte a chi entra il medaglione con il Santo patrono a cavallo; sopra la porta d’entrata un altro con l’effige di Monsignor Scalabrini, vescovo di Piacenza in quegli anni; a sinistra lo stemma con il gonfalone della città, sulla destra l’altro con la lupa capitolina. Pacifico Sidoli offre qui uno straordinario esempio di felice invenzione compositiva e fresca pittura che pare realizzata di getto quasi senza fatica: cosa ben rara in un soffitto di tali dimensioni. L’artista proprio in quell’anno si trasferì a vivere a Milano: in gioventù, dopo gli studi all’Istituto Gazzola si era messo subito in luce, aveva anche vissuto frequenti soggiorni a Parigi. Anni ricchi di lavoro, di esposizioni, di grande risonanza sulla stampa anche internazionale. Visse a Milano fino al 1962, ebbe una lunga carriera e una vita artistica fecondissima: dipingeva ogni giorno con entusiasmo e passione, attivo fino alla vecchiaia, di lui restano paesaggi e ritratti, dipinti di soggetto sacro, vivacissimi bozzetti e schizzi veloci e immediati come appunti. Tornato infine a Piacenza, qui morì nel 1963. Il figlio Plinio, anch’egli pittore, organizzò per lui diverse esposizioni postume, spesso esponendo opere di entrambi; progettò poi un bel monumento che vediamo in un’area verde in via Ancillotti: è un cippo marmoreo che sorregge una bella testa in bronzo, ritratto dell’artista, opera di Paolo Perotti, ai piedi della stele una tavolozza.


vedute interne del palazzo delle poste

Un invito: all’uscita è bene attraversare la strada. Anche se la via è stretta, dal marciapiedi opposto si gode una bella veduta d’insieme del palazzo con il bugnato a punta di diamante al piano terreno, a contrasto con il rosso del cotto a vista del piano superiore, dove spicca la sequenza delle monumentali finestre profilate da marmo bianco, con importanti cornici di gusto classico e timpani triangolari. Un particolare che spesso sfugge: al primo piano, all’estrema sinistra, un bel tondo in marmo racchiude un volto di Madonna con un angelo: è la “Madonna del buon consiglio”, altro dipinto di Pacifico Sidoli. Ancora un particolare curioso: sul “diamante” alla sinistra del portone d’accesso è scolpito un bel ramarro: segna il punto in cui batte il sole al mattino, o forse ha un suo significato simbolico. (Testo dalla rivista l'Urtiga per gentile concessione di LIR edizioni).