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Massarenti, il geniale perforatore di pozzi

di Giuseppe Romagnoli


Il cavaliere del lavoro James Massarenti, scomparso nel 1955, rese Piacenza la “capitale” della escavazione per pozzi idrici e petroliferi. La sua personalità, l’attività di eccezionale rango pioneristico da lui svolta, costituiscono un capitolo di primaria entità nella storia dell’industria piacentina.


Ci pensavo già da un po’ di tempo: dedicare qualche articolo ai grandi, lungimiranti, coraggiosi, sognatori (e un po’ visionari) industriali che nei primi del ‘900 hanno contribuito in modo determinante a far crescere Piacenza in campo economico. Poi nei giorni scorsi, dovendo partecipare in veste di cronista, ad una cerimonia che si è svolta presso l’Isii “Marconi”, l’idea solo prospettata, è divenuta impellente e così procedo ad occuparmi di questo argomento. Presso l’Istituto Industriale è “andata in onda” la 2° edizione dell’incontro “Il futuro è qui”, meeting nel quale sette aziende leader del territorio piacentino proiettate verso il futuro per scelte strategiche e tecnologia, si presentavano agli studenti della scuola. Dove? Nell’aula magna affrescata da Luciano Ricchetti e dedicata al preside, l'ingegner Gaetano Modonesi, che già a metà degli anni ’50, promosse stretti rapporti con il mondo del lavoro ed in particolare con la perforazione, di cui Piacenza era un centro tecnico di eccellenza.

Giocoforza dunque iniziare con il cavaliere del lavoro James Massarenti, scomparso nel 1955, che rese Piacenza la “capitale” della escavazione per pozzi idrici e petroliferi. La sua personalità, l’attività di eccezionale rango pioneristico da lui svolta, costituiscono un capitolo di primaria entità nella storia dell’industria piacentina e, sotto certi riguardi, nazionale, rispetto alle conquiste derivate dalla prima “rivoluzione tecnologica” i cui effetti positivi coinvolsero, com’è noto, i più svariati settori produttivi, segnando così la fase di passaggio dalle precedenti strutture di tipo artigianale, a quelle più evolute sul piano industriale.


impianto estrazione petrolio anni '20

Fu nel campo specifico delle innovazioni concernenti gli impianti di trivellazione e costruzione dei pozzi idrici e petroliferi che Massarenti, piacentino di emerita elettività, trovò nel suo territorio l’humus congeniale alla propria vocazione creatrice e realizzatrice. Il seme da lui gettato non cadde in un habitat sterile in fatto di ricerche e sfruttamenti del sottosuolo. Il caso dei pozzi impiantati con criteri d’avanguardia a Montechino in Valchero nella seconda metà dell’800, può senz’altro definirsi protostorico, essendo “l’oro nero” risorsa locale scoperta nella zona di Velleia Romana. Massarenti fu come predestinato a trapiantare le radici d’origine in terra piacentina. Nato a Ravenna nell’agosto 1885, la meccanica fu da subito una sua passione travolgente. Fin da ragazzo aveva attrezzato un piccolo laboratorio nella casa paterna dove s’ingegnava con sorprendente acume a riparare ogni genere di congegni che gli capitavano sottomano (orologi, serrature, chiavistelli, biciclette ecc); si sa che non sempre certe attitudini sono legate al caso fortuito, ma sono prodotte nell’ambiente in cui germogliavano. Massarenti era infatti nato in un ambiente animato dal fervore operativo ed inventivo del nonno artigiano di eccezionale, versatile, maestria. Questi aveva costruito, tra l’altro, un primo prototipo di “giostra meccanica” entrata in funzione a Bologna durante una sagra tradizionale.

Il giovane James non brillò a quanto pare per spirito di applicazione agli studi scolastici, prediligendo la pratica attiva alla teoria dei testi scolastici. Alle aule con i banchi preferiva gli antri laboriosi e sonori delle officine. L’occasione perentoria di staccarsene gli si presentò quando venne rimandato agli esami di licenza liceale. Era l’epoca delle grandi migrazioni di massa, c’era molta richiesta di personale a bordo, così lui andò a fare il fuochista su una nave.


locandine anni '30

Si dice che i disegni della sorte hanno talora fili intrecciati. Infatti a James divenuto esperto conduttore di caldaie a vapore, si presentò l’occasione di svolgere tale mansione in campo petrolifero. Aveva poco più di 18 anni quando fu assunto come trivellatore di pozzi artesiani da un’impresa inglese operante in una località presso Alessandria d’Egitto.Fu da qui che iniziò la sua inarrestabile ascesa nel settore di ricerca e trivellazione di pozzi d’acqua. Poco dopo si recò nel Sudan anglo-egiziano, nell’oasi di Kharghe dove furono perforati 50 pozzi e fu qui che James emerse sull’equipe dei tecnici perforatori per la sua straordinaria valentia, brevettando addirittura una macchina perforatrice, acquistata poi dall’impresa per cui lavorava. Si recò poi in Argentina, quindi a Londra dove assunse la direzione di cantieri per pozzi. Tornato in Argentina divenne caposettore dei servizi idrici di quelle ferrovie quindi venne in Italia all’inizio della 1° guerra mondiale, arruolandosi volontario.

A conflitto concluso, si stabilì a Monza dove conobbe la diletta compagna della sua vita. Dopo una sosta operativa a Bologna, venne di fatto “trascinato a Piacenza” dalle tante amicizie che durante gli anni aveva allacciato con piacentini “addetti ai lavori” di impianti di ricerche e perforazioni di pozzi sia idrici che idraulici. Fu nel 1922 che fondò con capitale proprio e di amici, la Società che per decenni portò il suo nome prestigioso, dando a Piacenza lustro di notorietà nazionale ed internazionale. Iniziò con la costruzione di una perforatrice da lui disegnata e brevettata, commissionandone la costruzione ad un’altra azienda di tradizione pioneristica: l’Officina Orio di via Campagna.

Eseguì le trivellazioni in proprio, costruì altre perforatrici, istallando l’azienda meccanica in un vecchio capannone adibito a deposito di proiettili durante la prima guerra mondiale, situato nella zona suburbana fra Barriera Genova e la Galleana, vicino al podere denominato “Casa del diavolo” (attuale Quartiere 2000). In seguito trovato l’aiuto necessario, costruì nuovi fabbricati, acquistò nuove macchine utensili; era un’epoca pioneristica. Pochi i tecnici del settore, difficile costruire i macchinari, perché mancavano accessori non prodotti dall’industria nazionale del tempo, così tutti gli utili venivano continuamente reinvestiti nella Società.


officine in zona campo sportivo anni '50

Massarenti tentò perforazioni anche nel piacentino, a Carpaneto, con un pozzo che allora scese a 1500 m. Diciotto mesi di fatiche, ma trovò solo manifestazioni di gas non utilizzabile industrialmente; ma fu la conferma che le perorazioni dovevano avvenire a grandi profondità. Per primo costruì una sonda di tipo rotary per profondità fino a 3000 m. e, nei primi anni ’50, fino a 4500 m. presentato alla Fiera di Milano. Era il più potente costruito in Europa.

Lo stabilimento (di cui fu fino all’ultimo consigliere delegato e direttore con l’aiuto dei figli, ebbe a quell’epoca al suo attivo più di 2000 pozzi perforati, costruendo impianti rotary da 300, 1500, 3000, 4.500 m. Alcuni degli impianti minori (fino a 1500 m.) erano montati su rimorchio e potevano essere istallati in sole due ore. La sua fama si diffuse ovunque. Nel 1941 gli venne concessa l’alta onorificenza di Cavaliere del lavoro. Scrisse il primo manuale italiano (edito da Hoepli) per trivellazione di pozzi. Insegnò ad un corso svoltosi al Politecnico di Milano e nel 1940 creò a Piacenza la prima scuola per perforatori. Esportò la sua produzione in Egitto, Francia, Turchia e Sud America (Bolivia, Uruguay, Perù, ecc). Nel dopoguerra fu il primo presidente del ricostituito Rotary Club di Piacenza. Alla nostra città cercò sempre di essere utile, sia cercando di attirarvi nuove attività che ampliando le proprie.

“Cresciuto all’università della vita e dell’esperienza” (madre di ogni scienza secondo il detto Leonardesco), Massarenti fu uomo di concreto pragmatismo. Detestava, dicono le testimonianze, il verbalismo, le chiacchiere improduttive e demoliva i parolai inconcludenti, pieni di sé, con l’arma del sarcasmo. Ma abitualmente era un autentico “gentleman”, garbato, cordiale, senza essere mai “snob”. Non dimenticò mai le sue origini popolaresche, probe e fiere. Anche la sua figura snella e distinta, sempre soffusa di sorridente cordialità, fu specchio rivelatore della sua personalità protesa agli ideali del lavoro, del progresso, del benessere collettivo. Un capitano d’industria di forte tempra, indomito. Fu fregiato del titolo di Cavaliere del Lavoro come altri grandi piacentini, da Giovanni Rossi a Aride Breviglieri.