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il Ponte Gobbo di Bobbio


Del fiume Trebbia, o la Trebbia come viene comunemente chiamata, ne parla il greco Polibio (Trebias) nel II secolo a.C., trattando della sconfitta dei romani ad opera di Annibale nel 218 a.C. nella battaglia del Trebbia, nei pressi di Piacenza. Nel medesimo anno i Romani fondarono le due colonie, a cavallo del fiume Po, di Placentia e Cremona, sia per difendersi dai Cartaginesi, sia dai Galli, che da tempo rumoreggiavano a nord dello stesso fiume. Forse, a Bobbio, esisteva già un ponte che collegava le due sponde al tempo dei primi abitatori della zona: tribù celtiche e liguri, se non proprio un ponte vero e proprio, guadi composti da tronchi d’albero che collegavano le rocce affioranti. I Romani erano già presenti nel territorio all’inizio del I secolo d.C., come attesta la “Tavola alimentaria Traianea”, travata nel ‘700 a Veleia. È probabile che al tempo esistesse un ponte vero e proprio, dato la grande maestria dei romani nell’architettura e nell’arte costruttiva, caratterizzata anche dalla costruzione di grandi ponti. L’attraversamento della Trebbia era anche necessario per l’esistenza oltre il fiume, sulla sponda destra, di fronte all’abitato di Bobbio, di una fonte di acqua salsa, i cui ruderi esistono ancora nei pressi di Piancasale.


veduta dei Bagni Termali a Bobbio - 1902

Oltre alla fonte vi era una fornace di laterizi nel luogo ancora chiamato “la fornace”.Del ponte romano, se veramente esistente, non rimangono tracce. Quello che vediamo oggi è di origine alto medioevale, distrutto e ricostruito parzialmente più volte durante i secoli. Per le molteplici riparazioni, aggiunte, consolidamenti e vari interventi manutentivi parziali e differenziati nel tempo, la sua forma è sinuosa in pianta e ondulata in alzato, per cui ha assunto il nome popolare di Ponte Gobbo. È da ritenere che la sua costruzione avvenne con l’avvento del monastero di San Colombano nel VI secolo, a seguito del quale nacque anche la “Via degli Abati”, che consentiva di collegare Bobbio con Roma, attraversando l’Appennino piacentino e parmense per collegarsi a Pontremoli e, quindi, con la via Francigena. Il ponte era proprio sulla direttrice del percorso. L’altra parte della Via degli Abati collegava Bobbio con la capitale dei Longobardi: Pavia. Il ponte Gobbo è chiamato anche ponte del Diavolo secondo la seguente, antica tradizione popolare: il Diavolo promise a san Colombano di costruire il ponte in una notte, in cambio dell’anima del primo essere che lo avrebbe attraversato. Colombano accettò lo scambio.


Nella notte il Diavolo con altri demoni costruì il ponte, riuscito con arcate diverse in altezza e larghezza, perché a sostenere la struttura in costruzione erano appunto i diavoli. Al mattino il diavolo attese all’estremità del ponte per ricevere il suo compenso (l’anima del primo passante). San Colombano fece attraversare il ponte, per primo, ad un cagnolino. Il Diavolo se ne tornò all’inferno con le pive nel sacco, non prima, però di sferrare un grande calcio al ponte, che si deformò come lo vediamo ora. Di seguito il rilievo in linee blu del prospetto del ponte come si presenta oggi; sotto il disegno di progetto del prolungamento verso Bobbio ed il rilievo reale tridimensionale.


La parte più antica e originaria, a desta del disegno, è del tutto simile e sovrapponibile al ponte dipinto da Leonardo alle spalle della Gioconda. La didascalia sotto l'arco grande, detto "della Spessa", indica la data del crollo dell'arco stesso. Pare, infatti, che sul dipinto di Leonardo lo stesso grande arco sia parzialmente mancante, come in effetti era al tempo del grande Genio. Un indizio importante dell'identità del ponte facente parte del paesaggio dipinto alle spalle della Gioconda. (Angelo Bellocchi – Piacenza).