il Castello di Muradello – Pontenure

stemma dei Nicelli - predominante in Val di Nure
Nel territorio di Muradello venne acquistato dei Nicelli una parte di territorio (siamo nei primi del 1400) dove in seguito fu costruito un castello verso la metà del XIV secolo, come risulta dal diploma ducale del 25 agosto 1455 con il quale Francesco Sforza concedeva il debito permesso a Giovanni Nicelli che divenne Signore del luogo. Tutti i privilegi feudali sul logo vennero successivamente riconfermati al conte Gian Nicolò Nicelli dalla duchessa Bianca e da figlio Galeazzo Maria Sforza nel marzo del 1467. Alle fine del secolo (nel 1494) per divisione patrimoniale l’edificio veniva assegnato ad Antonio e Bernardo Nicelli. In seguito ad altri passaggi nell’ambito della famiglia stessa, perveniva al conte Ferdinando, che nel 1691 venne arrestato “per segrete ragioni di stato”(che mai si conobbero) per ordine del duca Ranuccio II Farnese e condotto nel carcere della Rocchetta di Parma, dove trascorse trentasei anni di prigionia. Morì pochi giorni dopo la sua liberazione (1729) lasciando il castello e i beni pertinenti ai conti Caracciolo di Macerato con la clausola che, qualora questa famiglia si fosse estinta, i beni dovevano essere devoluti al “Conservatorio delle Preservate” di Piacenza, una benefica istituzione assistenziale per fanciulle povere.
Contro questa disposizione ricorsero i Nicelli di Montechino, come più prossimi parenti del defunto, sostenendo che le proprietà non potevano essere alienate in quanto sottoposte a fidecommesso nella famiglia Nicelli. La lite, protrattasi per lungo tempo, alla fine venne composta con una transazione per cui i Caracciolo e le preservate vennero tacitate con beni privati, mentre il castello –con buona parte delle terre annesse- ritornava agli stessi Nicelli di Montechino, i quali si estinsero nel 1816 nel conte Alessandro, che lasciava erede la sorella Antonia, consorte del nobile De Cesaris.
L’ultima della famiglia De Cesaris, donna Amalia, con testamento del 1871, lasciò i beni a vari eredi. L’anno dopo, in seguito alla divisione dell’asse patrimoniale, il fortilizio perveniva al nobile cremonese Teodorico Zaccaria, cugino materno della defunta. Agli Zaccaria l’edificio rimase fino agli inizi del corrente secolo, per passare poi agli attuali proprietari, signori Berzolla.
L’edificio, in buono stato di conservazione nel 1800 venne rimaneggiato per scopi agricoli, ora trasformato in casa di abitazione, presenta sul fronte principale una torre di ingresso quadrata, sporgente e sopraelevata rispetto a tutto il complesso. Alla base si trova l’ingresso che non rivela tracce del ponte levatoio; il particolare fa ritenere che la torre sia stata aggiunta in epoca più tarda e successivamente rimaneggiata. Le cortine sono in buona parte ben conservate e coronate da una merlatura alla “ghibellina”, in alcuni punti incorporata nei muri di sopraelevazione del tetto. La parte inferiore delle cortine si presenta scarpata verso il fossato, da tempo ormai interrato. La linea del barbacane, dove esiste, si sviluppa mediante mattoni modellati a doppia cordatura. Il cortile è illeggiadrito da un portico ad archi ribassati con colonne monolite di granito sul quale corre un secondo loggiato. (carmen artocchini-castelli piacentini).
Contro questa disposizione ricorsero i Nicelli di Montechino, come più prossimi parenti del defunto, sostenendo che le proprietà non potevano essere alienate in quanto sottoposte a fidecommesso nella famiglia Nicelli. La lite, protrattasi per lungo tempo, alla fine venne composta con una transazione per cui i Caracciolo e le preservate vennero tacitate con beni privati, mentre il castello –con buona parte delle terre annesse- ritornava agli stessi Nicelli di Montechino, i quali si estinsero nel 1816 nel conte Alessandro, che lasciava erede la sorella Antonia, consorte del nobile De Cesaris.
L’ultima della famiglia De Cesaris, donna Amalia, con testamento del 1871, lasciò i beni a vari eredi. L’anno dopo, in seguito alla divisione dell’asse patrimoniale, il fortilizio perveniva al nobile cremonese Teodorico Zaccaria, cugino materno della defunta. Agli Zaccaria l’edificio rimase fino agli inizi del corrente secolo, per passare poi agli attuali proprietari, signori Berzolla.
L’edificio, in buono stato di conservazione nel 1800 venne rimaneggiato per scopi agricoli, ora trasformato in casa di abitazione, presenta sul fronte principale una torre di ingresso quadrata, sporgente e sopraelevata rispetto a tutto il complesso. Alla base si trova l’ingresso che non rivela tracce del ponte levatoio; il particolare fa ritenere che la torre sia stata aggiunta in epoca più tarda e successivamente rimaneggiata. Le cortine sono in buona parte ben conservate e coronate da una merlatura alla “ghibellina”, in alcuni punti incorporata nei muri di sopraelevazione del tetto. La parte inferiore delle cortine si presenta scarpata verso il fossato, da tempo ormai interrato. La linea del barbacane, dove esiste, si sviluppa mediante mattoni modellati a doppia cordatura. Il cortile è illeggiadrito da un portico ad archi ribassati con colonne monolite di granito sul quale corre un secondo loggiato. (carmen artocchini-castelli piacentini).

veduta dei primi del 900