il Parco Interprovinciale
di Piacenza, Cremona e Salsomaggiore
L’idea di dotare tre tipiche città di pianura d’un ampio parco che offra, attraverso il riposo e la pace, un ristoro morale e fisico agli uomini assillati dal lavoro e dalle preoccupazioni della vita cittadina, che costituisca insomma una specie di polmone risanatore per Piacenza, Cremona e Salsomaggiore, nacque alcuni anni or sono nella mente di un gruppo di amici del Touring e del turismo, residenti in Piacenza, confortati fin dall’inizio dalla viva simpatia del Tuoring. L’idea infatti parve ad essi ottima e rispondente sia a quei principi di protezione del paesaggio da Touring strenuamente difesi, sia ai concetti di un miglioramento della vita igienica delle nostre città intorno al quale fu più volte discusso in queste stesse colonne. Non si tratta, badiamo bene, di creare un doppione di altre grandi iniziative di carattere nazionale tendenti alla protezione di una speciale fauna e flora, come il nome del parco potrebbe far supporre, doppione quanto mai dannoso quando si pensi alle somme ingenti che occorrono per raggiungere quegli scopi di conservazione ed alla scarsa disponibilità di mezzi della nazione nostra per imprese di tal genere. Le tre province Lombardo-Emiliane non intendono creare un altro parco del Gran Paradiso (anche per la buona ragione che l’Appennino non possiede un colosso di quella importanza) ma un grande giardino posta in zona saluberrima e suggestiva, qualcosa che rappresenti ciò che il Parco di Monza è per Milano. (Qualche chilometro di maggior lontananza ma, in compenso, anche molte più centinaia di metri sul livello del mare).
Parco provinciale e il bosco delle fate 1930
Un Parco Provinciale di tal genere deve rispondere a requisiti vari e costituire nel suo complesso un’attrattiva particolare. L’altipiano del Moria, ubicato tra l’alta valle del Chero e dell’Arda nei comuni di Lugagnano e Morfasso, raccoglie nella sua vasta zona caratteristiche veramente singolari, talchè si presta egregiamente ad essere costituito a Parco e a divenire la meta desiderata di due province e di una stazione balneare di primissimo ordine quale Salsomaggiore. L’altopiano si eleva a una media di 1000 metri sul livello del mare; la quota più alta, Croce dei segni, è a . 1071; si adorna di densi boschi di castagno, di faggio, di nocciolo e, quasi ovunque, di una vegetazione rigogliosissima. L’area del parco supera complessivamente i 20km quadrati, dei quali circa 10 nella zona montana, cui fanno chiostra gli otto cucuzzoli dei monti Rovinazzo,Taverna, Mancusa, Zuccaio, Cogne, Croce dei Segni, Cornetto e Moria. La panoramica conca centrale giace a guisa di un immenso anfiteatro lussureggiante nel cui immenso sfondo a sud troneggia la vetta Croce dei Segni. Nella parte più depressa si stende un amenissimo pascolo pianeggiante chiamato Pian del Lago dovuto forse all’esistenza dell’antico lago ora colmato. Qua e là si stendono ampi e morbidi pascoli che assumono , per la loro vastità, non di rado l’aspetto di veri e propri prati , come quello detto “Prato della Madonna” situato a circa mille metri che, per la sua felice ubicazione , si presta a costituire un campo di fortuna per aeroplani, anche per trovarsi sulla rotta Milano-Pisa, circa a metà strada fra le due città. Il bosco offre a ogni passa aspetti sempre nuovi, sempre più attraenti, dall’anfiteatro selvoso, che pare uscito dalla mano di un artefice divino, al Bosco delle Fate che, coi suoi faggi dalle ramificazioni contorte e bizzarramente intrecciate, ricorda le più suggestive incisioni dantesche del Dorè. Nascosto nel verde si erge sull’Altipiano un tempietto miracoloso, testimone della vergine salubrità dei luoghi. Ai piedi del monte, le rovine di Velleja Romana, la Pompei dell’Alta Italia, rappresentano un elemento artistico storico di prim’ordine, mentre poco discosto le cave petrolifere di Velleja e Montechino, che sono tra le più importanti d’Italia, costituiscono un elemento industriale, che completa l’interesse del Parco. L’idea di questo fu lanciata tre anni or sono da un uomo che vive delle bellezze del territorio, del paesaggio e di tutto ciò che si riferisce al turismo, il cavalier Giuseppe Rocca; ma come è di tutte le cose preziose che si trascurano quando si posseggono, così questa idea trovò allora un pubblico indifferente. Le iniziative che hanno in sé elementi di vitalità si fanno però irresistibilmente strada, anche tra l’infuriare dei contrasti e delle avversità; e così l’idea del Parco fece del cammino; lento e faticoso cammino, sia pure, ma si è portata innanzi. Ora la nostra popolazione ha visto in gran parte ed ha ammirata la zona del Parco e vuole fermamente che il progetto si concreti. Il sotto Comitato Cittadino del comitato nazionale del T.C.I. per la difesa dei monumenti e del paesaggio italico, che ha tenuto il progetto, diremo, così, a battesimo e ne ha amorosamente seguite le vicende attraverso le cure attente di alcuni tra i suoi componenti per accelerare la traduzione in atto del Parco, ha provveduto alla costituzione di un consorzio che dovrà gestirlo.
Il prato del parco del Moria, coll. Rigolli
Il comm. Rinaldo Lusardi ha compilato uno schema di Statuto che è un documento di buon senso pratico e che prevede oltre alla realizzazione di un programma di valorizzazione turistica, la costituzione di una riserva e di una bandita di caccia, la difesa della fauna con la custodia, in libertà, di varie specie di animali che tendono a scomparire, come gallinacei, cervi, daini, ecc. ; la conservazione ed il miglioramento dei boschi ora seriamente minacciati dalla speculazione; la costruzione di una rete stradale di accesso e di transito al Parco; la ripresa dei lavori di scavo a Velleja e lo studio di tutta l’area circonvicina (valle del chero) che ha messo, fra l’altro, di recente in luce scheletri di balene e di mammut ed altri documenti di epoche remote, destando vivo interesse artistico, storico, geologico e paleontologico. Come meta turistica e luogo gi soggiorno, l’altipiano del Moria ha largamente guadagnato in questi tre anni di propaganda. A frotte i turisti sono saliti sulle sue pendici e si sono riposati alle sue ombre quiete. Numerosissime le gite collettive organizzate da Associazioni e da Enti e migliaia di visitatori. A questo nostro superbo angolo di appenninico, che la natura ha prediletto, guardano pure con viva simpatia i cremonesi che sono privi assolutamente di zone alte nel loro territorio e le colonie estive di Salso , che cercano con ansietà mete turistiche per rendere meno uniforme e più attraente il soggiorno nella grande stazione balneare. Le vie d’accesso al parco da Cremona e da Salso sono quanto mai comode. Quella da Salso particolarmente attraente e pittoresca svolgendosi e valicando diverse colline fra Scipione, castello di Vigoleno, Bacedasco, Castell’Arquato e Velleja .
Albergo Al Dilettoso Colle, in costruzione in val chero-arda 1929
comitiva in gita presso il prato della Madonna
Da Piacenza la strada è automobilistica fino al bivio Mandola , oltre Castellana di Gropparello, e con macchine leggere fino al Chero. E’ prevista la costruzione di un ponte sul Chero in quel punto della strada sino a San Michele di Morfasso. Comode mulattiere, sentieri ombreggianti, valicano l’altipiano e raggiungono da ogni abitato lungo le vallate del Chero e dell’Arda il Sacello Madonna del Monte. Il progettista ed i suoi collaboratori pensano di fare della regione del Parco, col tempo, addirittura una stazione climatica di media altezza. Nell’attesa sono stati istallati lassù due rifugi che saranno seguita da altri e nella prossima estate saranno organizzati campeggi per le scolaresche e si studia anche di fondare, sia pure con minori proporzioni, un villaggio alpino per le colonie climatiche scolastiche sul tipo di quello sorto per iniziativa del T.C.I. in val Ganna. Non sono mancati anche i consensi degli organo governativi, oltre a quelli delle Province, degli enti, dei comuni più direttamente interessati; infatti la direzione generale delle foreste ha assicurato il più largo appoggio all’iniziativa segnatamente per quanta riguarda la conservazione dei boschi e la costruzione della rete stradale. Si che si può ritenere che l’altipiano del Moria, svegliato dal suo sonno secolare, stia per legare il proprio nome ad una geniale e caratteristica istituzione meritevole d’essere appoggiata ed imitata.“franco civardi, le vie d’Italia del marzo 1925”
Parco del Moria, bosco delle fate, coll. Rigolli