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la Storia della Orio – Marchand

“un’industria che diede lustro a Piacenza”


marchio della fabbrica Orio-Marchand di Milano

Forse non tutti sanno che Piacenza, nel suo piccolo, è stata una delle città italiane “pioniere” dell’industria della bicicletta, il rivoluzionario mezzo di locomozione che nell’ultimo ventennio dell’Ottocento si diffuse rapidamente, diventando un vero e proprio fenomeno sociale.
Già nel 1886 nella nostra città i negozi “Benedetti” e “Orio” cominciarono a mettere in vendita i modelli di bicicli e tricicli prodotti dalla marca inglese “New Home”, offrendo, oltre alle riparazioni, anche lezioni pratiche di guida su “piste d’istruzione”. Stefano Orio, in pratica il capostipite dei costruttori piacentini del settore, all’interno della sua modesta officina (dove abitualmente fabbricava “revolver”), nel 1890 iniziò la produzione di alcuni esemplari di velocipedi e l’anno dopo costruì una bicicletta da corsa decisamente d’avanguardia, che pesava solo nove chili e, tra le altre caratteristiche, presentava la ruota anteriore alta 65 centimetri, mentre la posteriore era leggermente più grande, misurando 70 centimetri.
Intanto, il commercio di biciclette aveva raggiunto livelli tali che l’azienda di Stefano Orio, fin lì a conduzione famigliare, fu dapprima potenziata dai figli Bartolomeo, Attilio ed Ettore, quindi s’ingrandì ulteriormente grazie ai cospicui capitali apportati dai facoltosi fratelli Marchand. Paul e Léonce Marchand erano due giovani imprenditori originari di Dunkerque, importante porto commerciale del nord della Francia. Con il padre Emile, proprietario in patria di una piccola flotta navale, si trasferirono in Italia per operare alcuni fruttuosi investimenti: tra questi, l’acquisizione dei diritti di estrazione delle miniere petrolifere di Montechino e Veleja, nel Piacentino. Così, frequentando Piacenza, conobbero gli Orio. L’incontro avvenne nel 1893, favorito dalla comune passione sportiva per le due ruote (i fratelli francesi, soprattutto Paul, erano ottimi ciclisti), e in quell’occasione venne decisa la costituzione di una società per la costruzione di biciclette. In breve tempo, la piccola officina artigianale degli Orio diventò una fabbrica in grado di attuare tutte le fasi della lavorazione: la trasformazione della materia prima in prodotti finiti, il montaggio e la verniciatura a fuoco dei telai. Arrivò anche a produrre i cerchi delle ruote in metallo, come quelli britannici, quando in Italia erano ancora tutti in legno. Un risultato frutto di un vero e proprio spionaggio industriale: infatti, non si seppe mai come, i titolari dell’azienda piacentina entrarono in possesso di una foto della macchina inglese usata per la fabbricazione dei cerchioni sagomati e la passarono ai tecnici della locale fonderia “Biggi”, che a loro volta riuscirono a realizzare un congegno del tutto simile all’originale.


maestranze della Orio-Marchand nel cortile della fabbrica al Musocco di Milano

Raggiunte ormai dimensioni considerevoli, la fabbrica, con quasi tutte le sue maestranze, si trasferì al Musocco, presso Milano, cercando di approntare un’ulteriore espansione, mentre a Piacenza rimase il deposito del vecchio Stefano Orio, con la sua “pista di istruzione”. Diretta dall’ingegner Vittorio Amoretti, uomo di fiducia dei Marchand, la “Orio & Marchand” sviluppò la produzione di biciclette che per la loro qualità ottennero subito un grande successo. Ma l’azienda restò nel Milanese per poco tempo: nel 1898, a seguito delle agitazioni popolari scoppiate nel capoluogo lombardo e represse con durezza dal tristemente noto generale Bava Beccaris, si decise di riportare gli impianti a Piacenza, dove l’ambiente si presentava molto più tranquillo. L’inaugurazione del nuovo stabilimento avvenne il 18 settembre 1898. L’avvenimento, di grande importanza per l’economia piacentina, richiamò le autorità locali e trovò spazio su tutti i giornali nazionali, come “Il Resto del Carlino”, “Lombardia” e “Secolo XIX”, che salutarono la coraggiosa iniziativa inviando sul posto i loro giornalisti. Tendendo fede ai suoi ambiziosi programmi, la ditta iniziò ad affiancare alla costruzione di biciclette anche quella di motociclette e automobili. Stefano Orio fece appena in tempo ad assistere all’avvio di questa importante metamorfosi, perché mori il 4 agosto del 1899, a 62 anni. Il 31 dicembre successivo i suoi figli sciolsero la società con i Marchand: il distacco si formalizzò subito dopo l’uscita della prima automobile “Orio - Marchand”, una vetturetta leggera molto simile alla francese “Decauville”.
I Marchand costituirono così una società anonima e aprirono poco distante una nuova fabbrica di velocipedi, motociclette e automobili; i fratelli Orio, riuniti in una società di fatto, rimasero negli stessi locali, occupandosi esclusivamente della produzione di biciclette. La presenza della “Marchand”, con l’assunzione di numerose maestranze, ebbe un impatto decisamente positivo su Piacenza, sollevando dall’indigenza una delle zone più povere della città: nel 1907, vi lavoravano oltre centocinquanta dipendenti, fra operai e tecnici. Proprio quell’anno il capitale sociale venne aumentato a un milione. La fabbrica sfornava una macchina al mese (vanno considerati i tempi), già con telai in ferro, mentre quelli delle “Fiat” erano ancora in legno. Fu anche perfezionato un accordo con la svizzera “Dufaux”. Ma subito dopo, nonostante i promettenti inizi, la “Marchand” andò incontro a gravi difficoltà economiche, tanto da essere messa in liquidazione con un passivo di parecchi milioni: un “crac” finanziario dai contorni non proprio chiari, che ebbe effetti nefasti per tutta l’industria locale.


un fiaccheraio osserva incuriosito il disegno di un’automobile che annuncia il cambio dei tempi

A Piacenza si chiuse così, prematuramente, un’era che, viceversa, avrebbe potuto imprimere una svolta eccezionale al progresso socioeconomico della città.
Le cose andarono meglio alla “Orio”, che si affermò come il maggior stabilimento piacentino del settore dei velocipedi, arrivando ad avere alle proprie dipendenze fino ad una sessantina di operai, prima di chiudere il battenti poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Peraltro, non furono pochi gli ex dipendenti della “Orio-Marchand” che, dopo l’esperienza in fabbrica, iniziarono a lavorare in proprio, specializzandosi nella costruzione artigianale di biciclette. Come Edoardo Omorame, probabilmente il più famoso di tutti, il cui marchio restò in voga fino all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando il nipote Gianni cessò definitivamente l’attività. (Graziano Zilli – Piacenza).


locandina pubblicitaria del 1904

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vecchia ricevuta Orio del 1915