penna

la Muntà di Ratt

di alfredo lamberti-anni 40

L'era una disesa ad sass
e in aria növ scalei,
la Muntä di ratt ca fa angul con
S. Ruchei, tutta sulä coi sass dal Trebbia
e pianä dal barlocch dal sulei.
Noi ragass dal riön as divartimma
tamme matt a sed in sun tulön taiä
zu par la Muntä agh tirämma la
sgüaröla, quand cambiämma zögh!
Cirolo, Bili e Figurei, o as curimma adre
con i tulei d'acqua dal pumpei
'l pö bagn l'era seipar Patunei
cal vusäva me un strassei.
Po curimma in Sburzaria, me danä
in meza ai fil da dasteid la bugä
sfiuramma i palön col furchei
ca'tgniva sö i linsö, fatt che lavä.
Con la staggiön ad i'angüri noi
smurciòn a d'la strä serma impegnä
in d'la battaglia a culp da scurzä
La Cisön l'am däva di numas
quand i scorz, incuntravan i so linsö bagn
e la vuzava: "Sam gni suta il man val zur.. va sgagn".
E noi via a zügä a spanna e cicch cuzati e
robatana föra e dei dal purtön tamme
una gimcana saltamma tamme il ball
ad guma, i snocc ieran seipar splä
serma sporch e tutt suda e sa ghera
a dla mota fam'ma il mutarä.
Il Mär i gvan al so da fä
trat in d'un täinell, e fat lavä
e con l'acqua ancura cäda
la ciapäva al fradell, e all'insavunäva.
Alla mattei andamma a scola
tutt in urdin tam'me giüsmei
scusalei negar e bursa a tracola
con in dl'a testa, la Fera ad Campägna
con Tugnott ca filäva la so Tiramola.
Föra dala porta guardamma la Muntä:
l'era deserta, as'sintiva mia vuzä le la
spetava i ragass par fäia curr e zügä.
L'e un bell ricord, la vecia Muntä.
A metä, l'ustaria ad l'Ideina po gniva, al
Curunin, al Furnar, e la Lice la lateina ,
e in una porta coi vedar smaltä al
Sarturon, cal cüziva i pagn da suldä.
L'era una strä da sogn
Strä Nova e la so Muntä coi so sass
lüstar e rosca pustä.
Ma un de le guintä una scalinä
e addiu sguiaröla coi tulon taiä.


la muntà di ratt - archivi fotocroce


Da questa poesia e da vecchie foto possiamo dire che nell’anteguerra la parte finale di via Mazzini chiamata Muntä di Ratt, non era così come la conosciamo oggi. Il Lamberti ci dice che la strada era composta nella parte alta da soli nove scalini ed il resto era una discesa lastricata da pietre prelevate dal Trebbia. Questi "sassi" erano posati e levigati dagli stradini (i sòlei), questi operai usavano un apposito attrezzo chiamato al Barlocc per aiutarsi nel pesante lavoro. Sul nomignolo della via, diversi studiosi di toponomastica hanno stabilito che si tratta di una storpiatura del modo di dire Muntä erta o irta o ratta (che in molti dialetti significa ripida). Perciò la traduzione dovrebbe essere salita irta e non salita o scalinata dei topi; anche se nei tempi passati la vicinanza della strada ad alcuni canali che scorrevano a cielo aperto, come il Fodesta, indubbiamente abbia agevolato le scorrerie di roditori su e giù dalla scalinata. Diverse attività si svolgevano lungo questa caratteristica via, tra le quali anche una lavanderia con conceria di pelli (in dialetto Sburzaria) che probabilmente usava la Muntä come asciugatoio avvalendosi della brezza che proveniva dal vicino fiume Po. Non dimentichiamo che questa salita ha impedito l'inondazione della parte alta di questa zona di Piacenza, durante le devastanti piene del grande fiume che avvenivano numerose prima della sistemazione e rafforzamento degli argini, ricordiamo che dopo lo straripamento nella parte bassa della città ci si spostava sulle barche e su ogni altra cosa che potesse galleggiare. I cittadini venivano avvertiti dell'imminente rottura degli argini con il terribile grido: la scianca-la scianca, strappa-strappa.


la Muntà di ratt
Era una discesa di sassi
e in alto nove scalini
la Muntä di ratt che fa angolo con
S. Rocchino, tutta lastricata con sassi di Trebbia
e spianata con gli attrezzi del lastricatore.
Noi ragazzi del rione ci divertivamo
come matti seduti su un bidone tagliato
giù per la Muntä facevamo
le scivolate, quando canbiavamo gioco!,
Biglie e Figurine, o ci rincorrevamo
con i barattoli pieni d'acqua della fontanella
il più bagnato era Patunei
che gridava come uno straccivendolo.
Poi correvamo in lavanderia, come dannati
in mezzo ai fili per stendere il bucato
sfioravamo i pali con il forcone
che teneva sollevate le lenzuola appena lavate.
Con la stagione delle angurie noi
ragazzini della strada eravamo impegnati
nella battaglie a colpi di scorze.
La Cisòn ci sgridava insultandoci
quando le scorze, incontravano le sue lenzuola bagnate
e gridava :"se mi finite sotto alle mani
ve lo giuro.. vi morsico"
E noi via a giocare a cicc e spanna e
a rubatana fuori e dentro dal portone come
una gimcana saltavamo come delle palle
di gomma, e le ginocchia erano sempre spelate
eravamo sporchi e tutti sudati e se c'era
del fango facevamo battaglia con quello.
Le Mamme avevano il loro bel da fare
buttarti in un tino e farti lavare
e con l'acqua ancora calda
prendeva il fratello e lo insaponava.
Alla mattina andavamo a scuola
tutti in ordine come gelsomini
grembiulino nero e borsa a tracolla
con nella testa la fiera di via Campagna
Fuori dalla porta guardavamo la Muntä
era deserta, non si sentivano le voci e
aspettava i ragazzi per farli correre e giocare
E' un bel ricordo la vecchia Muntä.
A metà, l'osteria dell'Idina poi veniva
Curunin, il fornaio, e la Alice la lattivendola
e in una porta con i vetri smaltati il
sarto che cuciva i panni da soldato.
Era una strada da sogno
Via Mazzini e la sua Muntä con i ciottoli
lucidi e lavorati messi a posto.
Ma è diventata una scalinata
e addio scivolate con i bidoni tagliati.