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Castello di San Giorgio Piacentino

Come risulta da un documento dell'Archivio Capitolare del Duomo di Piacenza, nell’anno
886, per la prima volta si parla della Pieve di San Giorgio. In quell'anno il vescovo Paolo fa la donazione vitalizia ai Canonici della nuova Cattedrale di Santa Giustina (l'antica era Sant'Antonino), di tre Pievi con le loro rendite; una delle tre è la Pieve di San Giorgio, che risulta essere la chiesa parrocchiale di Vico Sachiloni. I canonici della Cattedrale di Santa Giustina diventano, dunque, usufruttuari delle rendite della Pieve, che devono essere impiegate per il loro mantenimento; a loro spetta il compito di attendere alle funzioni proprie della Pieve, divenendo allo stesso tempo anche i Signori fondiari del posto. San Giorgio, situato nel cuore della Val Nure, in una zona agricola di alto valore, sulla strada che unisce Piacenza alla Val d'Arda, all'Appennino e a Bardi, ha assistito, nel corso del X secolo, al passaggio delle orde dei Cavalieri Ungari, quando questi devastarono il borgo di Sant'Antonino, a Piacenza. È proprio in quest'epoca che i canonici sentono il bisogno di fortificare l'abitato di San Giorgio, ottenendo dall'Imperatore Lotario, il diritto di costruire una fortezza per difendere il “Vicus “. L’atto di nascita del Castello di San Giorgio è il diploma con il quale l'Imperatore Lotario, nel 948, concede ai canonici del Duomo l'autorizzazione a fortificare la Pieve di San Giorgio, insieme con quelle di Cassano e di Carmiano, con “muris, merulis, porticis, fossis spizzaquam aliisque pro pugnaculis”, onde essi possano difendersi dagli assalti nemici. Il diploma del 948, con il quale Lotario II accorda il diritto di fortificare il centro pievano, non precisa se il forte era addossato al Nure, oppure era costruito su un terrapieno. Esso non porta la localizzazione esatta di questa antica fortezza, del “castellum” costruito dai canonici a San Giorgio. Comunque verso la metà del X secolo, il borgo assume l'aspetto di un centro fortificato, simile a quello di molti altri villaggi dei dintorni. È certo che il castello sorge in mezzo ad un antico agglomerato di case e non porta ad una modificazione dell'abitato, come avviene, invece, in diverse altre regioni italiane. La sua presenza interpreta il bisogno della popolazione di essere difesa nei momenti di grande pericolo, che, a quei tempi erano frequenti. Inoltre esso soddisfa l'esigenza dei Signori del luogo di affermare la loro autorità sugli abitanti: sta di fatto che i Canonici, da semplici usufruttuari, diventano “Domini”, cioè Signori di San Giorgio, con diritto alle decime della Pieve ed alle rendite fondiarie delle terre che da essa dipendono. I turni di guardia al castello sono affidati agli uomini liberi del posto, mentre alle “curtes” vescovili, che si trovano nei dintorni, il Vescovo ha preposto dei Vassalli, affidando loro la custodia e la difesa dei castelli. Questi sorgono attorno a San Giorgio: a Casturzano, a Godi, a Paderna. Dapprima legati ai possessi vescovili, a poco a poco essi diventano possesso dei vassalli.

La costruzione di tante fortezze fa pensare ad una notevole densità di popolazione, che testimonia un'agricoltura molto fiorente e redditizia fin da allora. Il castello di San Giorgio rimane saldamente nelle mani del Capitolo della Cattedrale, che afferma con sempre maggior vigore la sua giurisdizione su questa località: nasce così un feudo che resta un elemento importante nella vita della Val Nure lungo il Medioevo. Siamo alle origini del feudalesimo italiano. Il Castello, che fu distrutto una prima volta dai “populares” nel 1090 e una seconda volta nel 1242 dalle milizie cremonesi e bergamasche del marchese Lancia, risulta impostato su pianta quadrata, con una sola torre sul lato principale, alla cui base si apre l'ingresso nel solenne cortile, sopra il quale corre un balcone in legno ad angolo retto. L'edificio subì varie trasformazioni nel corso dei secoli, passando dai canonici del Duomo al Monastero di San Savino; da questo, nel sec. XIII, agli Anguissola, dagli Anguissola agli Scotti nel Seicento. Nel Settecento una parte viene venduta alla famiglia Porcelli, mentre il lato ovest rimane agli Scotti, che la trasformano in residenza signorile, dotandola di un bel giardino. Nel 1876 Sante Porcelli, figlio di Camillo, vende la sua parte al Comune, che fin dal 1870 l'aveva presa in affitto dalla signora Porcelli Barbugli, usufruttuaria, per trasferirvi gli uffici comunali e la scuola del capoluogo. Il resto del Castello, sul finire del secolo scorso, viene acquistato dai Ceresa Costa, la cui famiglia si estingue nel 1973,con la morte dell'ultima discendente, N.D. Anna, che aveva nominato suo erede l'Istituto “Madonna della Bomba”, dal quale il Comune di San Giorgio, per iniziativa del Sindaco prof. Livia Astorri, lo acquistò nel 1978. In seguito a questa operazione, ora il castello è tutto proprietà comunale e può considerarsi il simbolo civico di San Giorgio. Usufruendo dei contributi della Regione e con la consulenza dell'Intendenza delle Belle Arti, l'amministrazione ha provveduto alla ristrutturazione dell’edificio, rispettandone le caratteristiche artistiche e facendone la sede decorosa e funzionale degli uffici, della biblioteca comunale, di manifestazioni socioculturali e di iniziative varie, che via via possono interessare la popolazione. (Notizie tratte dal libro - san giorgio piacentino fra storia e cronaca - prof. piera astorri. edito nel 1985 dal comune di san giorgio. loretta maggi - www.sangiorgiopiacentino.org).


veduta lato est del castello


veduta del castello conte gazzola