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Fratelli Zucca

quelli del negretto col vassoio firmato da Bot


Francesco Zucca nacque l’8 aprile 1900, ultimo dei figli maschi di Simone ed Emilia Pinotti, entrambi provenienti da famiglie di modesti agricoltori in quel di Fontana Pradosa e Sarmato. Dopo la scuola lavorò presso la Bagliani & Maretto di Castelsangiovanni, ditta esportatrice di prodotti ortofrutticoli freschi (primizie) raccolti soprattutto nel meridione d’Italia. Con la grande depressione del ’29, quest’azienda –al pari di tante altre– fu costretta a cessare l’attività. Per forza maggiore, Francesco Zucca si fece imprenditore lui stesso, affiancandosi al fratello Federico che nel frattempo (dal 1923) aveva rilevato la drogheria posta a Piacenza, angolo delle vie Scalabrini e Chiapponi. Nacque così la ditta F.lli Zucca, che di lì a poco acquisì pure la storica drogheria Astorri sita in Piazza Borgo ai civici 21 – 23. Francesco sposò nel 1930 Angela Asti, nativa di Lodi, dalla quale ebbe due figli. Grazie alla laboriosità, allo spirito d’impresa dei titolari e rispettive consorti, iniziò il rapido sviluppo dell’azienda destinata a durare fino al termine del XX secolo.


logo dei f.lli Zucca disegnato da Bot anni 30

Due i principali rami d’attività in quel periodo: da un lato il commercio all’ingrosso con la consegna diretta delle merci al domicilio del dettagliante in tutta la provincia di Piacenza, a Lodi e Salsomaggiore (al tempo un servizio innovativo); dall’altro l’importazione di alimentari conservati, pesce salato e in scatola, tè, spezie e caffè. Dal commercio del caffè venne poi l’attività di torrefazione. Il prodotto torrefatto dalla F.lli Zucca fu venduto su vasta scala in unità preconfezionate contraddistinte dal famoso marchio realizzato dall’artista Osvaldo Barbieri detto Bot (il negretto col vassoio).

Nel 1940, in coincidenza con l’inizio della seconda grande guerra, l’azienda, in piena espansione, trasferì il settore ingrosso al numero 16 di via S. Eufemia, potendo sfruttare ampi spazi di stoccaggio nella ex chiesa di S. Margherita, proprietà personale della moglie di Francesco. La chiesa era comunicante con un basso edificio adibito a magazzino, proprietà dal senatore Vittorio Minoia e preso in affitto dai fratelli Zucca. Grazie alla dote portata dalla moglie Angela Asti all’atto del matrimonio, Francesco acquistò l’antica chiesa dal geom. Antonio Luraschi, padre di Stefano Luraschi, indimenticato direttore per molti decenni dell’Unione Commercianti. A seguito delle necessità di espansione dell’attività, il magazzino fu trasferito all’inizio di via Caorsana, in una struttura costruita appositamente e perciò più razionale. La chiesa rimase inutilizzata, anche a causa dei vincoli urbanistici e artistici intervenuti. L’imprenditore la vendette alla Cassa di Risparmio negli anni ’70, durante la presidenza dell’avv. Solinas. Venne così recuperata sul piano artistico e adibita ai fini culturali che tuttora mantiene.

Il lungo conflitto mondiale aveva obbligato al rallentamento dell’attività, dando luogo a curiose vicende collaterali. Ad esempio: fu recuperata, rigorosamente a mano (carriola e badile) la ben nota cripta di S. Liberata, sottostante la citata chiesa di S. Margherita. La ditta si dedicò al noleggio e alla distribuzione di bombole del gas metano per autotrazione. Attivò persino una miniera di lignite xiloide alla Veggiola di Gropparello, sulla sponda sinistra del torrente Riglio. Poco remunerativa causa l’escavazione manuale, la miniera si rivelò tuttavia strumento prezioso per sottrarre decine di operai al fronte di guerra o ai campi di lavoro in Germania. Finita la guerra, la F.lli Zucca ripartì con l’ingrosso e con l’approvvigionamento diretto di prodotti raccolti nel sud mediante propri automezzi. Anche le importazioni dall’estero ripresero con vigore. In città aprì cinque moderni negozi al dettaglio di drogheria e alimentari. Capitalizzando l’esperienza del gas in bombole per autotrazione, la ditta assunse la concessione “Pibigas” per la distribuzione del gas liquido ad usi domestici in tutta la provincia. Finita l’emergenza combustibili, venne dismessa la miniera di lignite e per una sorta di “rimbalzo” tra entità immobiliare i F.lli Zucca si trovarono proprietari di una grande azienda agricola (250 ettari) nella bassa reggiana (il famigerato “triangolo della morte”).

Nonostante il clima difficile, vi furono investiti grandi capitali per modernizzarla secondo le nuove tecnologie. Divennero possibili coltivazioni innovative come i generi orticoli, fino ad allora assenti. Il livellamento del terreno e la regimentazione delle acque permise l’ampliamento delle risaie. Fu sviluppato l’allevamento della Frisona italiana a stabulazione libera in funzione della produzione di grana nel caseificio di proprietà. All’inizio degli anni ’50, intuite le opportunità aperte dalla riforma fondiaria e dalla Cassa per il Mezzogiorno, Francesco Zucca promosse una società con altri grossisti del settore alimentare al fine di realizzare uno zuccherificio nel sud della penisola dove la coltivazione della barbabietola era sconosciuta. Impiegò anni di studio alla ricerca delle ubicazioni ottimali di campi sperimentali: dal Gargano, al Pollino, alla Sila. Il nuovo stabilimento entrò in funzione nel 1955 sulla piana di Policoro (Matera), affacciata sul mar Jonio.


pubblicità dei f.lli Zucca

La torrefazione e l’esportazione del caffè toccò l’apice negli anni ’70. Parigi, per il tramite dei fratelli Molinari, oriundi della Val Nure ma operanti a Ivry sur Seine, fu per anni il grande mercato estero del marchio piacentino creato da Bot. Di Francesco Zucca va ricordato che fu tra i soci fondatori dell’Unione Commercianti e per decenni presidente del sindacato grossisti alimentari. Per hobby coltivò l’apicoltura, arrivando ad avere un centinaio d’alveari. Ricorda il figlio, dott. Carlo: “diceva che dalle api aveva imparato a lavorare senza risparmio correndo dove l’intuito gli faceva vedere l’opportunità di avviare una impresa”. Nominato Cavaliere Ufficiale della Repubblica, morì l’8 marzo del 1972. Il 16 febbraio 1990, i figli di Francesco Zucca cedettero l’azienda a un gruppo italiano operante con le insegne Grosmarket, Vegé, Sidis. (banca flash, cesare zilocchi).