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dalle Mura Romane a Re Artù

Le legioni, quando marciavano in territorio ostile, anche solo potenzialmente, (lasciata l'etrusca Bononia, il resto della pianura padana lo era eccome, ostile, infestata com'era dagli scorridori celti, detti Galli,) le legioni romane dicevo -avevano una abitudine a cui si attenevano SEMPRE, cascasse il mondo. Quando veniva il momento di accamparsi per la notte, costruivano ogni volta un vallo (terrapieno) quadrangolare entro il quale richiudere l'attendamento. Il vallo era completato e reso più elevato, dal fossato profondo (la terra di riporto in effetti costituiva il terrapieno) e sopra di esso veniva eretta una palizzata di legno.


fortificazione del vallo

Certo il legname non mancava in giro, ma per tagliarlo e sgrezzarlo ci sarebbe voluto troppo tempo. Così ogni legionario si era portato sulle spalle un palo della stessa lunghezza del suo pilum o Hasta che fosse (lancia pesante in dotazione agli hastati) e la andava a conficcare bene sulla sommità del vallo. Il gioco era fatto, l'accampamento al sicuro all'interno. La mattina dopo, la palizzata veniva smontata, ogni legionario si riprendeva in groppa il suo palo, e la marcia poteva ricominciare. Il vallo rimaneva al suo posto, pronto per essere riutilizzato o da un'altra legione che seguiva, o dalla stessa sulla via del ritorno. Un lavoraccio davvero, a cui i legionari erano avvezzi e particolarmente abili. Dopo aver marciato carichi come muli anche per decine di miglia lungo la giornata, in due o tre ore si costruivano il loro fossato, vallo e palizzata, poi cenavano e andavano a dormire come angioletti (ma c'era sempre chi vegliava sul loro sonno). Particolarmente abile, oltre che estremamente valorosa e feroce in battaglia (mai sconfitta) fu la celeberrima XX Legione "Valeria" all'epoca dell'Imperatore Tiberio inviata in Germania sul Reno, poi in Pannonia e Dalmazia, a sedare altrettante ribellioni pericolose per il rischio di saldatura fra i ribelli e le tribù germaniche sempre inquiete.
 

simbolo legione XX Legio Valeria Victrix

Infine destinata stabilmente alla Bretagna dove rimase anche dopo la dissoluzione dell'impero nel IV secolo. La sua abilità di costruttrice fu messa a frutto nella costruzione del Vallo di Adriano e di quello di Antonino, e per la suo valore in combattimento, si meritò l'appellativo “Victrix(Vittoriosa). Quando cadde l'impero, la mai sconfitta XX Legio "Valeria Victrix" era comandata da un ufficiale figlio di una nobile britanna e di un patrizio romano la cui famiglia era di di origine milanese (Roma da tempo non era più capitale, onore attribuito a Ravenna, che però era in mano ai Bizantini. Mediolanum città Gallo-Romana da tempo allevava i quadri degli ufficiali per le legioni di stanza in Gallia e in Bretagna). Questo comandante aveva dunque sangue romano-gallo-britanno. Ma tutta la XX Legio, ormai da tre secoli in Britannia, era formata da soldati britanno-romani, figli di donne britanne e dei precedenti legionari o comunque di coloni romani. Per questo motivo, la XX Legio fu l'unica legione a non lasciare la Britannia, quando arrivò la notizia che l'Imperatore Romolo Augustolo era stato deposto da Odoacre Re degli Eruli, il quale aveva poco prima ucciso uno zio dell'imperatore, vero detentore del potere: lo aveva sorpreso in una villa posta a circa 2,5 miglia dalla città di Piacenza, e trucidato con moglie e figli.


la Legio XX costruì Deva Victrix (ora Chester) castrum romano in figura,
la Legio rimase nella Britannia romana fino all'inizio del V secolo

Ma torniamo al nostro comandante britanno-romano. Egli respinse diversi tentativi di invasione dei Sassoni, e oggi si ritiene che abbia ritardato di almeno un secolo la conquista della Bretagna da parte di quella tribù germanica (evento storicamente inevitabile). I Britanni consideravano questo comandante come un re (King) e nella loro lingua, lo chiamavano "Arthus". Probabilmente nel corso delle sue peregrinazioni,  la XX Legio non si fermò mai a pernottare a Placentia, ma poiché tutte le legioni si comportavano allo stesso modo, lo fecero sicuramente anche a Piacenza: fossato, vallo, palizzata (poi sostituita da mura in mattoni; in che epoca? Ah, saperlo!) A mio parere, per individuare il corso di queste mura, bisogna prima individuare il perimetro del vallo (quello che è rimasto) e che si trova sepolto sotto diversi metri di materiali di risulta, ma comunque in grado di determinare significative variazioni di quota altimetrica da studiarsi con cura e molta cautela nelle conclusioni, nella planimetria della parte più antica della nostra città. (dott. Giulio Zanelli).