il Canale Fodesta
Note storiche sull’antico porto di Piacenza,
realizzato dai Romani e rimasto in uso fino all’Ottocento
realizzato dai Romani e rimasto in uso fino all’Ottocento
'Nell’Anno del Signore 1123 edificarono i canonici di Sant'Eufemia poco distante dal Po, e in vista de’ naviganti, un tempio in onore di Sant'Agnese V. e M., avvocata de’ Barcajoli, che accresciuto poscia quel luogo con edifizi, e case all’intorno, prese la denominazione di Borgo di Sant'Agnese, e conservolla per lungo spazio di tempo (Pier Maria Campi, “Historia Ecclesiastica di Piacenza”, Piacenza, 1651, vol. I, pagg. 353, 393)'.
È con queste parole che Pier Maria Campi (1569-1649) nella sua “Historia Ecclesiastica di Piacenza”, descrive la fondazione dell’antica chiesa di Sant'Agnese, costruita nel 1123 al bivio tra le attuali vie A. Genocchi e Fornace, e dedicata alla Santa Patrona dei barcaioli e dei naviganti. La chiesa (demolita nel 1919) era sorta nel cuore di un esteso sobborgo abitato in prevalenza da pescatori, sabbiaroli e traghettatori che tenevano le proprie barche nel vicino porto fluviale della “Fodesta”: fino ai primi anni del Novecento, questo nome identificava un grande canale navigabile, scavato in epoca romana e chiamato originariamente “Fossa Augusta”. Lungo il suo percorso, la “Fossa Augusta” attraversava l’attuale campo sportivo “F.lli Daturi” deviando poi verso nord-est in corrispondenza di via X giugno, e raggiungendo infine il Po (all’epoca più lontano dalla città) nella zona oggi compresa tra il ponte stradale e l’impianto idrovoro della Finarda
È con queste parole che Pier Maria Campi (1569-1649) nella sua “Historia Ecclesiastica di Piacenza”, descrive la fondazione dell’antica chiesa di Sant'Agnese, costruita nel 1123 al bivio tra le attuali vie A. Genocchi e Fornace, e dedicata alla Santa Patrona dei barcaioli e dei naviganti. La chiesa (demolita nel 1919) era sorta nel cuore di un esteso sobborgo abitato in prevalenza da pescatori, sabbiaroli e traghettatori che tenevano le proprie barche nel vicino porto fluviale della “Fodesta”: fino ai primi anni del Novecento, questo nome identificava un grande canale navigabile, scavato in epoca romana e chiamato originariamente “Fossa Augusta”. Lungo il suo percorso, la “Fossa Augusta” attraversava l’attuale campo sportivo “F.lli Daturi” deviando poi verso nord-est in corrispondenza di via X giugno, e raggiungendo infine il Po (all’epoca più lontano dalla città) nella zona oggi compresa tra il ponte stradale e l’impianto idrovoro della Finarda
il porto-canale della Fodesta 1833
Come suggerito dalla sua stessa denominazione, il porto-canale di Piacenza venne pianificato probabilmente sotto il governo di Augusto o di uno dei suoi primi successori della dinastia Giulio-Claudia (secc. I a.C.-I d.C.), in analogia con altre opere di bonifica idraulica indicate come “Fosse Augustee”, e realizzate ad esempio nel delta del Po o nell’area del Circeo. Con l’avvento del Medioevo, la “Fossa Augustea” assunse le nuove denominazioni di “Fuxusta” e poi di “Fodesta”; il suo alveo, benché modificato e riadattato, rimase comunque navigabile per lunghi secoli: nel 1558 l’architetto Francesco De Marchi, commissario per il cantiere di Palazzo Farnese, proponeva infatti l’utilizzo della “Fodesta” come darsena per la vicina reggia farnesiana; trent’anni dopo (1588), l’ingegnere piacentino Alessandro Bolzoni disegnava una mappa del tratto piacentino del Po, contrassegnando la foce della “Fodesta” con numerosi disegni di imbarcazioni per indicarne l’esplicita funzione portuale.
La darsena della “Fodesta” conobbe i suoi ultimi sussulti di vitalità nel primo trentennio dell’Ottocento, quando nelle sue acque furono varati alcuni piroscafi a vapore: tra questi battelli si deve certamente ricordare il “Maria Luigia”, costruito nel cantiere navale del barone Gaetano Testa (situato nell’attuale via X giugno) e lungo circa 30 metri. Affidato alle acque della “Fodesta”, il “Maria Luigia” nel 1828 discese il corso del Po da Piacenza fino all’Adriatico; una volta in mare aperto, il piroscafo circumnavigò l’intera Penisola italiana in soli venti giorni, risalendo lo Jonio e il Tirreno per attraccare infine al porto romano di Ostia. Fu il canto del cigno: nel volgere di pochi decenni la navigazione fluviale venne stroncata dalle ferrovie, che nel secondo Ottocento soppiantarono battelli e barconi, condannando infine anche la darsena della “Fodesta”; ormai depotenziato e privo di manutenzione, l’antico porto-canale fu coperto nel 1905 per consentire il riassetto del nuovo viale Risorgimento: il suo segmento più esterno della “Fodesta”, prossima alla foce nel Po, sopravvisse fino al secondo Dopoguerra, e venne occultata nei primi anni Sessanta. (tratto da bancaflash ottobre 2021, di Manrico Bissi).
La darsena della “Fodesta” conobbe i suoi ultimi sussulti di vitalità nel primo trentennio dell’Ottocento, quando nelle sue acque furono varati alcuni piroscafi a vapore: tra questi battelli si deve certamente ricordare il “Maria Luigia”, costruito nel cantiere navale del barone Gaetano Testa (situato nell’attuale via X giugno) e lungo circa 30 metri. Affidato alle acque della “Fodesta”, il “Maria Luigia” nel 1828 discese il corso del Po da Piacenza fino all’Adriatico; una volta in mare aperto, il piroscafo circumnavigò l’intera Penisola italiana in soli venti giorni, risalendo lo Jonio e il Tirreno per attraccare infine al porto romano di Ostia. Fu il canto del cigno: nel volgere di pochi decenni la navigazione fluviale venne stroncata dalle ferrovie, che nel secondo Ottocento soppiantarono battelli e barconi, condannando infine anche la darsena della “Fodesta”; ormai depotenziato e privo di manutenzione, l’antico porto-canale fu coperto nel 1905 per consentire il riassetto del nuovo viale Risorgimento: il suo segmento più esterno della “Fodesta”, prossima alla foce nel Po, sopravvisse fino al secondo Dopoguerra, e venne occultata nei primi anni Sessanta. (tratto da bancaflash ottobre 2021, di Manrico Bissi).