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il Grande Fiume Po


Ho trascorso l'infanzia e parte della giovinezza nella zona nord di Piacenza, in un palazzone popolare chiamato Tigrai, molto prossimo agli argini del fiume Po. Noi bambini del Tigrai, insieme a quelli degli altri quartieri vicini: Borgo Trebbia (Tubruc), via San Sepolcro (il Ciano), via Campagna, via Taverna, via San Bartolomeo, si può dire che abbiamo imparato prima a nuotare che a camminare, poiché frequentavamo ogni anno, fin dai primi caldi primaverili, il fiume nella zona ove il Trebbia entra nel Po, la foce del Trebbia appunto. Negli anni '50 e '60 del secolo scorso, alla domenica e nei giorni di festa, le spiagge di sabbia bianchissima e pulita, erano affollate dai bagnanti provenienti anche dalle province limitrofe, e il fiume era percorso da barche a remi e da qualche motoscafo. Un paio di volte alla settimana, in tutte le stagioni, percorro in bicicletta un buon tratto degli argini, dalla foce del Trebbia fino al confine del comune di Calendasco. E non finisco mai di stupirmi. Quasi un deserto, se non si considerano le cave di inerti e qualche mezzo agricolo. Ogni tanto qualche famigliola con genitori, bimbi e cane. Forse non ci si rende conto del privilegio che la nostra città possiede, avendo il fiume più grande e l'ungo d'Italia che la sfiora. Come se non esistesse, non si fa niente per valorizzarlo e per divulgarlo, per renderlo fruibile. E' vero che la burocrazia ottusa pone divieti su tutto (Magistrato del Po, demanio ecc.), ma la città dovrebbe battersi e pretendere di poter usufruire legittimamente dell'immenso patrimonio che la natura ha voluto donarle. Di seguito un capitolo di una mia relazione di quasi trent'anni fa, che analizzava l'assetto del territorio di Piacenza. A quanto sembra da allora nulla è cambiato, se non peggiorato. Il fiume Po rappresenta un patrimonio naturalistico e paesaggistico inestimabile che sinora non ha avuto la giusta considerazione. Tra il Trebbia e il Nure, il suo percorso delimita tutto il comune a nord, rappresenta una dotazione preziosa che conserva zone d’eccellenza, vere oasi ecologiche, pochissimo contaminate dalla mano umana, ove sopravvivono specie preziose di flora e fauna.


scene di vita fluviale

Sino agli anni ’60, quando il boom economico ha permesso alla massa degli italiani di meccanizzarsi e di viaggiare per le vacanze, il Po, la foce del Trebbia, l’isolotto Maggi, erano le spiagge dei piacentini; vi era addirittura un servizio di traghetto, chioschi di bibite, vendita delle angurie, la frittura del pesce. Nei giorni estivi di festa e durante il periodo delle ferie le spiagge erano gremite ed il fiume era percorso dalle “battelline” della Nino Bixio e della Vittorino. La sabbia era (è ancora, si spera), bianchissima e pulita, molto più bella di qualsiasi rena marina. E l’acqua non era ancora inquinata agli attuali livelli. Il Po era anche una fonte di lavoro e di reddito, un cospicuo bene economico. A parte le cave di inerti, che esistono tuttora, vi era la pesca svolta a livello professionale dai pescatori che abitavano la parte bassa della città: via Borghetto, via san Bartolomeo, via Cantarana; oppure la vicina Borgo Trebbia (Tubruk in dialetto). Vi erano artigiani che costruivano e riparavano le “battelline”; i tessitori di reti ed i costruttori delle “balance”, le grosse reti ad archi incrociati che si usavano in Po. Nella stagione di magra la gente si recava sui greti a raccogliere rami e tronchi secchi che il Po trasportava e depositava sulle rive, per scaldarsi d’inverno. Era anche un modo di tenere pulito l’alveo e togliere gli ostacoli alla corrente. Non si capisce perché ora è proibito. Tradizioni ed abitudini di vita fondamentali, non troppo vecchie, che caratterizzavano fortemente la città di Piacenza, città fluviale da sempre. Il nostro grande fiume, trascurato, ignorato, dimenticato per decenni in modo vergognoso, può dare ancora molto alla città. Nell’ambito di una previsione di riqualificazione di Piacenza, anche il recupero del Po, nelle sue componenti (alveo, golena, argini..) riveste un’importanza fondamentale sotto gli aspetti culturale, naturalistico, ecologico, storico ed economico, se si tiene conto dell’importanza che il fiume rivestiva in passato. Occorre risvegliare l’interesse sulla preziosa dotazione naturalistica e paesaggistica costituita dall’ambiente ecologico fluviale che, fortunatamente, non presenta sintomi evidenti di degrado (a parte l’inquinamento dell’acqua). Un’ipotesi attuabile di sviluppo qualitativo, accompagnato da rigorosi criteri di salvaguardia, quella turistica-ricreativa, potrebbe inizialmente rendersi concreta con la messa in evidenza del notevole valore di “bene culturale” rivestito dalla zona, i cui motivi d’interesse storico-tradizionali si potrebbero affiancare a quelli derivanti dal valore del paesaggio e dalla natura.


si pescano gli stricc’

Appare in ogni modo evidente la necessità di associare una corretta iniziativa di tutela ambientale e culturale con una prospettiva di “redditività” di tale operazione, in grado di motivare l’iniziativa pubblica e, di conseguenza, di innescare gli interventi che si renderebbero indispensabili. Si deve rilevare che la riqualificazione ambientale è favorita in partenza, se si considera che il sito gode da qualche tempo di un incremento di turisti e visitatori, specie per la possibilità offerta di crociere sul fiume, che si aggiungono agli utenti tradizionali (sportivi e amanti della natura e del paesaggio) cui è opportuno fornire nuovi motivi d’interesse e di frequentazione. Si rammentano le iniziative nascenti a livello regionale e interregionale, tendenti a ricreare le condizioni di navigabilità del fiume Po e un percorso ciclabile lungo gli argini di province limitrofe. L’ideale sarebbe la creazione del Parco del Po. Il Parco da percorrere a piedi o in bicicletta; con un sentiero didattico autoguidato, per chi vuole avventurarsi da solo e conoscere gli aspetti peculiari della zona e il “percorso vita”, per chi ama allenarsi in mezzo al verde lontano dallo smog cittadino. Il sentiero didattico autoguidato si potrebbe realizzare lungo il fiume, diramandosi nel terreno golenale, attraversando le boschine verso la foce del Trebbia, costeggiando il torrente, giungendo sull’argine e sul greto, per collegarsi, infine, con i percorsi dei comuni limitrofi. Semplicemente passeggiando e leggendo le informazioni che via, via s’incontrano, si potrebbero conoscere dettagli sui diversi ambienti del territorio: il Po, il Trebbia, le boschine, gli argini, le tipiche costruzioni per la regimazione delle acque (chiaviche), l’interessante centrale Adamello del Portaluppi (questo bell’esempio d’architettura industriale potrebbe essere riconvertito in museo del Po e/o museo delle tecnologie legate alle centrali elettriche). Passeggiando in tutta tranquillità, si potrebbero osservare e conoscere il nome, i particolari di piante, d’animali e d’ambienti che si stanno attraversando. Per chi volesse vagare liberamente invece si potrebbero creare sentieri che conducano nelle radure delle boschine o sugli ampi e luminosi greti del Trebbia. Luoghi che ad ogni stagione presentano aspetti differenti. Il Percorso Vita consiste in un equilibrato "programma" d’attività motorie, da eseguire a corpo libero e con l'ausilio di semplici attrezzi ginnici, allo scopo di migliorare lo stato di salute psico-fisica generale dei frequentatori.


gite fuori porta con i vaporini per pasquetta 1913

Si rivolge a tutti: bambini e adulti, anziani, atleti. Nei paesi come Svizzera, Germania, Francia, Austria, i Percorsi Vita sono ormai diffusissimi, con un'assidua e crescente partecipazione di persone d’ogni età, ceto sociale e professione. I motivi di questo successo sono molti: la possibilità d'essere frequentato da tutti: la famiglia in tutti i suoi componenti; l'atleta per l'allenamento sportivo; le persone in precarie condizioni di forma e salute che possono limitare la quantità e l'intensità d’esecuzione in base alle specifiche esigenze. Il Parco potrebbe avere anche una darsena, ricavata ove il fiume si allontana dalla città, per esempio verso lo sbocco del Trebbia, per consentire il canottaggio e il nuoto estivo, l’elioterapia, con le sponde attrezzate come spiagge (sull’esempio, facendo le debite proporzioni, dell’Idroscalo di Milano o la darsena di Ravenna). Opere già esistenti in città vicine, che funzionano molto bene e migliorano la vita: Cremona con il Parco del Po, Lodi col Parco dell’Adda. Città molto più importanti, negli ultimi tempi, trasformano il lungo fiume in spiagge estive; per esempio: Roma sul Lungotevere e Parigi che attrezza d’estate alcuni “quais” con sabbia, sdraia lettini e ombrelloni. (Angelo Bellocchi-Piacenza).