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Braibanti e gli amici del Torrione Farnese

Aldo Braibanti fu un “genio straordinario”, così disse di lui Carmelo Bene. Laureato in filosofia, partigiano, antifascista, poeta e autore. Refrattario ad ogni etichetta dal 1968 fu costretto a vivere ai margini della vita artistica e letteraria, perché venne coinvolto in uno scandalo giudiziario nazionale.


Aldo Braibanti

Braibanti nacque a Fiorenzuola d’Arda, nel 1922, vi trascorre la sua infanzia accompagnando spesso il padre medico attraverso la campagna piacentina. Verso gli otto anni inizia a scrivere i primi testi poetici. Frequentò, a Parma, il Liceo Classico. Studente eccellente ottenne l’esonero dal pagamento delle tasse. Nel 1939 scrive e distribuisce clandestinamente un manifesto in cui invita i compagni ad organizzarsi contro la dittatura fascista. Dopo gli studi liceali si trasferisce a Firenze e frequenta la facoltà di Filosofia, dal 1940 partecipò alla Resistenza partigiana a Firenze, finì in prigione subendo torture e violenze da parte delle truppe nazi-fasciste. Aderì al Partito Comunista Italiano, diventando membro del comitato centrale, per questo motivo tutti i suoi scritti fino al 1940 furono sequestrati dalle truppe delle SS italiane e mai più ritrovati. Non è facile tracciare un percorso della sua carriera artistica perché, come la sua personalità, è stata complessa e varia. Lo chiamavano “il professore” ma in realtà non aveva mai insegnato. Una delle sue grandi passioni era sicuramente la poesia, il teatro e l’amore per la natura. Infatti veniva considerato uno dei primi intellettuali ad essersi interessato alla salvaguardia dell’ambiente.

Nel 1947 abbandonò la politica attiva e i suoi interessi si concentrarono sul piano artistico e culturale. In quell’anno diede vita ad una nuova esperienza -nel torrione Farnese di Castell’Arquato-, con gli amici Renzo e Sylvano Bussotti, i fratelli Bellocchio e Carmelo Bene. Vide la luce un laboratorio culturale di poesia, teatro e vario. Questo esperimento ebbe successo tanto che le opere prodotte furono esposte in varie città degli Stati Uniti ed Europee, tra cui la Triennale di Milano. Qui conobbe Giovanni Sfolzini e ne divenne amico. Purtroppo, dopo alcuni anni, l’allora amministrazione comunale di Castell’Arquato decise di non rinnovare più il contratto d’affitto per la Torre. Di conseguenza il loro laboratorio dovette chiudere e Braibanti decise di proseguire altrove la ricerca e attività artistica.

In quel periodo, fine anni ’50, con l’amico Giovanni Sfolzini (nato a Cortemaggiore nel 1932) e qualche altro intellettuale piacentino fondarono la casa editrice “ATTA”. Nel 1960 iniziarono a pubblicare tutte le opere di Braibanti nella tipografia Maserati, ai tempi in corso Vittorio Emanuele 87 a Piacenza. Pubblicarono i testi di Braibanti nei quattro volumi della raccolta “Il circo e altri scritti 1960”: il primo contiene le poesie che vanno dal 1940 al 1960, il secondo e il terzo le opere teatrali, il quarto i saggi e scritti vari.


volumi delle edizioni Atta

Braibanti si trasferì a Roma nel 1962, iniziò a lavorare nel campo della sceneggiatura cinematografica e radiofonica. Collaborò alla fondazione della rivista “Quaderni Piacentini” con Piergiorgio Bellocchio e Giovanni Sfolzini. Insieme ad altri realizzò delle versioni teatrali per la Radio e delle versioni per il Cinema. Purtroppo il suo lavoro, la sua ricerca artistica venne bruscamente interrotta da un evento che segnò drasticamente la sua carriera. Quando avvenne il suo trasferimento a Roma, Braibanti andò a vivere con il 23enne Giovanni Sanfratello, amico e poi amante, che aveva conosciuto a Castell’Arquato. Da allora iniziò un incubo durato sei anni. Infatti la famiglia di Giovanni mai aveva accettato la loro relazione e fu così che il padre Ippolito presentò denuncia contro Braibanti per plagio. Aldo venne accusato di aver plagiato negativamente Giovanni e di avergli imposto valori negativi, fra cui i suoi gusti sessuali. Seguì il processo che ebbe una durata di quattro anni, ed il Braibanti venne condannato a nove anni di carcere, poi in appello gli furono ridotti a quattro. Alla fine l’intellettuale ne scontò in tutto due anni, gli altri due gli vennero condonati in quanto partigiano.

Purtroppo la casa editrice “ATTA”, in seguito al processo con conseguente condanna di Braibanti, andò in crisi per poi dichiarare fallimento. Di conseguenza Giovanni Sfolzini, uno degli intestatari della edizioni “ATTA”, decise di ritirare definitivamente molti libri invenduti. Da ricordare che Giovanni Sfolzini, con altri amici intellettuali, andarono a Roma per testimoniare in favore di Aldo Braibanti. Dopo la condanna di Aldo tutta la compagnia si sciolse ed ognuno intraprese la propria strada..


Giovanni Sfolzini