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Bot Aeropittore


Il terribile fu protagonista del genere pittorico che trae ispirazione dal volo. Nel 1932 presentò alla Biennale di Venezia l’Aeroritratto di Italo Balbo. Un rivoluzionario. Uno sperimentatore. Questo si pensa quando si parla di Bot. Bot non delude mai. Le sue svolte improvvise verso ogni tipo di linguaggio figurativo testimoniano il suo fermento creatore. Nel 1928, ormai stanco di realizzare un’arte troppo “tradizionalista”, decide di aderire alla corrente futurista. Un successo. E’ del futurismo abbraccia ben presto l’esperienza più originale, l’Aeropittura.

Ne “il Manifesto dell’Aeropittura Futurista” pubblicato, per la prima volta , il 22 settembre 1929 sulla Gazzetta del Popolo di Torino è scritto: ”L’aeroplano che plana si tuffa s’impenna ecc., crea un ideale osservatorio ipersensibile appeso dovunque nell’infinito, dinamizzato inoltre dalla coscienza stessa del moto che muta il valore e il ritmo dei minuti e dei secondi di visione-sensazione”. L’Aeropittura, intesa come un particolare tipo di rappresentazione pittorica che, con l’imporsi dell’aviazione in Italia, si ispira al volo, del quale vuole esprimere le sensazioni dinamiche, ed all’aeronautica, ebbe subito un immediato successo. E, in occasione della presentazione delle sale futuriste alla Biennale di Venezia del 1934, Marinetti parla di “500 Aeropittori italiani”. Osvaldo Bot si trova fra questi, grazie alla sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1932 ove presenta nella sala dell’Aeropittura l’Aeroritratto di Italo Balbo.


E proprio grazie alla singolarità di questo ritratto, dall’aspetto favolistico e poetico, diventa amico del quadrunviro e ha inizio la sua avventura africana. E il 1932 è un anno caratterizzato dalla partecipazione dell’artista piacentino a diverse altre mostre dedicate all’Aeropittura: espone a Piacenza, Milano, Monaco di Baviera e Atene. L’intraprendenza di Bot testimonia quanto rimane affascinato dalla possibilità dell’allargamento degli orizzonti della logica e della fantasia, fino all’annullamento e alla trasfigurazione del tempo e dello spazio: una poetica che lo porta ad analizzare stati d’animo e sensazioni che si traducono in immagini ricche di elementi che sfiorano l’onirico. “Ali d’Italia” si inserisce all’interno di questo contesto per la raffigurazione di macchinari bellici in cui sono presenti fantasie aeree, ma anche una sorta di documentarismo aeronautico, di celebrazioni di nuovi mezzi volanti. Conosciute sono le tempere murali realizzate da Osvaldo Bot tra il 1934 e il 1937 nel salone e nello scalone del Municipio di Carpaneto seguendo i dettami del linguaggio dell’Aeropittura: basti osservare il soffitto del salone principale dove si innalzano in volo sei aeroplani e dove troneggia un tricolore appeso a un Fascio Littorio che trafigge il Globo accanto alla scritta “La Luce viene da Roma”. Ma è grazie alla scoperta di centinaia di opere inedite dell’artista piacentino che si sono potuti osservare ulteriori interessanti lavori sull’Aeropittura. Una scoperta che si deve al noto critico d’arte Ferdinando Arisi, il quale ha recentemente curato, presso Palazzo Galli, la mostra “I Bot della collezione Spreti”.


Aeropittura opera del maestro Bot
In questa collezione non solo spicca un dipinto raffigurante tre aeroplani in volo in un cielo astratto e racchiuso in un reticolo geometrico arricchito da un’incredibile sinfonia di colori caldi e freddi, ma anche i due album dei “Cieli d’Italia” contenenti un’ottantina di pastelli che rappresentano mezzi aerei, dirigibili e rondini. Tutte opere di Aeropittura che meriterebbero grande studio di approfondimenti in quanto, oltre ad una maggiore libertà d’invenzione, si manifesta un dinamismo interno alle forme, un movimento che anima e vivifica il quadro. Alcuni lavori di Bot si possono accostare all’opera di artisti come Crali, che raffigura la mobilità del paesaggio visto dall’aereo e insieme cerca di rendere le emozioni e le trasformazioni che avvengono nell’uomo per effetto del volo. Dottori, che traduce in arte le “Favole” dei cieli incantati, ma anche a Benedetta, Depero, Fillia, Somenzi e Tato. Uomo amante di libertà, Bot visse sempre in movimento pur di inseguire le proprie ambizioni artistiche. (Sivia Bonomini-da la Cronaca 10 agosto 2007).