penna

l’Odore dell’Età

di Giorgio Vecchi

Tutti noi abbiamo un odore speciale che contraddistingue il nostro corpo. Qualcuno risulta gradevole, qualche altro un po’ meno. Può dipendere da un'infinità di ragioni: dal modo in cui ciascuno di noi ha cura del proprio involucro corporale, dall’alimentazione, dal tipo di lavoro, dagli sforzi a cui sottoponiamo il nostro corpo, ecc. Tuttavia c'è un odore che sovrasta tutti gli altri e che evidenzia chiaramente il declino di una persona. Mi riferisco all'odore dell’età che colpisce quando si è avanti con gli anni. È inutile girarci intorno: più il corpo è vetusto più puzza. Gli anziani non hanno buon odore perché il corpo denuncia l’usura degli anni e gli umori corporali sono spesso indice di disfunzioni interne ed esterne frequenti. Quando ero giovane ci facevo poco caso e avevo altre cose che mi davano preoccupazione. Però un giorno lessi in un romanzo la scena seguente che mi si impresse nella memoria e mi diede per la prima volta spunto per una seria riflessione. Il protagonista va in visita al padre che vive da solo in una piccola fattoria nell’ovest degli Stati Uniti. Arriva di buon mattino e lo trova appena alzato che si sta lavando in bagno. Dopo la toelette il genitore lo prega di aver ancora un attimo di pazienza mentre si riveste in fretta. Scorgendolo in maglia e calzoncini con due gambette sottili e fragili il nostro protagonista fa tra sé una riflessione che mi è rimasta scolpita per sempre nella mente :”È un vecchio ormai, lo si sente dall’odore..”.
Non ricordo né il nome dello scrittore né il titolo del libro; probabilmente era uno dei grandi autori nordamericani che leggevo con avidità allora, forse Steinbeck o Faulkner, o anche qualcuno meno noto come Dos Passo, Lewis o Caldwell. Comunque sia quella frase mi colpì profondamente perché mi fece riflettere, forse per la prima volta, sulla fragilità del nostro destino, sul declino del corpo, sul tempo che ci proietta inesorabile verso un’età in cui non potremo più fare completo affidamento su noi stessi e simili piacevolezze. Ciò che più mi impressionò, tuttavia, fu la constatazione che spesso la vecchiaia rende la vicinanza delle persone sgradevole per gli altri a causa dell’odore che emana il corpo.


Anni dopo quel pensiero mi rivisitò un giorno che mi recai a casa dei miei e vidi mio padre in una situazione assai simile a quella del protagonista di quell’antico romanzo. Abitavo quasi porta a porta coi genitori, ancora in buona salute, ma ci si vedeva soprattutto all’ora di pranzo che spesso consumavamo tutti insieme. Quel mattino dovevo mostrare a mio padre non so più quale documento per cui capitai lì di buon’ora. Lui si era appena fatto la barba e si stava vestendo. Mentre lo mettevo al corrente dell’operazione da sbrigare lo guardai: era ancora in canottiera e sebbene si stesse profumando percepii l’odore del suo corpo di quasi novantenne. Un odore dolciastro di carni in leggero disfacimento. Mi sovvenni allora del romanzo letto molti anni prima e provai, insieme alla tenerezza per lui anche un moto di pena, come una lama che si conficca nelle carni e dà sottile dolore. Continuavo a guardare mio padre e lo vidi per quello che era diventato, un bel vecchietto arzillo ma con ancora pochi anni davanti a sé. Dell’uomo aitante e autorevole che era stato, ben poco restava anche se il suo sorriso era sempre quello dei suoi verdi anni. È la condanna del tempo che alla fine ci presenta il conto.
Dopodomani compirò il mio ottantunesimo anno d’età e anch’io nel frattempo sono quasi giunto allo stesso “cammin di nostra vita” del mio babbo. Se mi contemplo allo specchio non vedo più “quel giovane alto e magro dei tempi dell’università”, quello è sparito ahimé da anni, come da copione della vita, perché non sono Dorian Gray. È vero che non ho avuto figli per cui non corro il rischio che possano guardarmi con gli occhi spietati e critici della gioventù, però ci sono persone anche giovani che frequentano casa nostra.. Tuttavia non è questo a preoccuparmi bensì il fatto che anch’io comincio inesorabilmente “a puzzare di antico”, il che mi causa sempre il solito disagio. E mi rattrista l’idea che qualcuno incontrandomi si renda conto che sono ormai solo un povero vecchio puzzolente a cui non resta ancora molto tempo per scrivere stupidaggini come queste. (Al solit profesur)..