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Luigi Illica

“illustre librettista, drammaturgo e giornalista 1857-1919”

Valente librettista, drammaturgo e giornalista. Nato da una distinta famiglia di Castell’Arquato, in età giovanile si dimostrò con un carattere ribelle e indisciplinato, tanto che, dopo aver frequentato il ginnasio a Piacenza ed il collegio a Cremona con modesti risultati, il padre prese la decisione, nella speranza di calmare la sua vivacità, di imbarcarlo su di un mercantile nel porto di Livorno, dove per ben quattro anni svolse le mansioni di mozzo di bordo. Quando fece ritorno a casa “in famiglia”, venne inviato in una casa di campagna in Val d’Arda, e nello splendido scenario delle colline arquatesi pian piano sentì nascere in se l’inclinazione alla letteratura e alla poesia. Scrisse versi e l’atto unico “Hassan” , che poi venne rappresentato a Castell’Arquato nel 1875. La sua indole battagliera lo fece accorrere, come volontario, ad arruolarsi nel 1877 nelle file dell’esercito russo-rumeno per poi combattere i turchi assediati a Plevna. Inoltre, nel 1915, risponderà alla “diana risorgimentale” arruolandosi come artigliere, caporale a cinquantotto anni, nell’esercito italiano. La sua vita agitata venne scandita da molte polemiche verbali e scritte a volte risolte anche con duelli, venne definito dal critico teatrale e regista veronese Renato Simoni “uomo dagli impulsi travolgenti, intemperante, inquieto, indocile”. Grazie soprattutto all’aiuto di suo cugino Carlo Mascaretti, che lo aveva avuto come collaboratore nel suo periodico letterario “Spartaco” a Roma nel 1878, “bohémien della sua stessa pasta”, si stabilì a Milano nel 1879 nell’attrattivo centro di propulsione della “scapigliatura”, lavorando e dedicandosi principalmente al giornalismo come cronista del “Corriere della Sera”. Rimase a Milano fino al 1882 legandosi legandosi soprattutto ai nomi più illustri della cultura e letteratura postromantica e scapigliata dell’epoca. Poi si trasferì a Bologna nel 1882, dove con l’avvocato Giuseppe Barbanti Brodano e con Luigi Lodi fondò il “Don Chisciotte”, un quotidiano della democrazia radicale repubblicana. Il giornale, nella sua breve vita di un anno, si onorò fra l’altro, della gradita collaborazione di Carducci. A Milano, presso il teatro Manzoni, l’Illica si affermò come drammaturgo di talento nel 1883 con due drammi: “I Narbonnier-Latour e il conte Marcello Bernieri”, seguirono, tra drammi e commedie, altri nove lavori sino al 1892, in un alternarsi di grandi successi, come “Gli ultimi Templari”, e anche di fiaschi clamorosi, come “La Sottoprefettura di Ragonecca”. Ad oggi “L’ereditàa del Felis” del 1891 in dialetto milanese è ritenuta il capolavoro dell’Illica commediografo. L’attività, iniziata nel 1889, del librettista lo terrà impegnato fino alla morte, che avvenne nella sua villa del Colombarone a Castell’Arquato 16 dicembre 1919, ove è sepolto; e costituisce il suo maggior titolo di gloria e un apporto incisivo e determinante alla storia dell’opera in musica, tale da farne, per innata vocazione, il maggior “librettista principe del melodramma postverdiano”. Trentasei, dei suoi circa ottanta libretti, vennero musicati e rappresentati. Molto attento alle varie correnti letterarie, Illica adattò gli stili e i linguaggi alle varie trame dei suoi libretti e ai vari temperamenti dei compositori cui essi erano destinati. La sua era una estetica verdiana della parola scenica. Uno dei suoi primi esperimeti nel 1887 fu “Fantasia Araba”, che venne musicata nel 1898 da F. Alfano con il titolo di “La Fonte di Enscir”. Comunque il suo primo ufficiale libretto resta “Il Vassallo di Szigheth” del 1889, con la collaborazione di Pozza per la musica di Smareglia, cui seguirono una serie di lavori che hanno fatto epoca. Ricordiamo “la Wally” per Catalani si addice ad un’atmosfera romantico-decadente, mentre la celebrazione della “scapigliatura”, la “Bohème” 1896 segnerà la felicissima e irripetibile collaborazione con Puccini e il Giocosa, che ebbe un seguito con l’acceso “verismo” della “Tosca” e con l’esotismo di “Madama Buttefly” del 1904. Da ricordare che l’incontro con l’editore Ricordi ,Puccini e Giocosa era già avvenuto in precedenza, quando all’Illica gli venne chiesto di contribuire al rifacimento del libretto di “Manon Lescaut” 1893. La stragrande maggioranza dei compositori della “giovane scuola” devono molto alla genialità del librettista Illica. Fra i più noti ricordiamo Umberto Giordano, per lui scrisse “Andrea Chénier” nel 1896 , vero capolavoro del verismo musicale applicato alla realtà dei tempi, e “Siberia” 1903. Per il Mascagni l’estro di Illica si sbizzarrì in direzioni disparate con il simbolismo floreale di “Iris” del 1898, con l’evocazione della commedia dell’arte per “le Maschere” del 1901, e il decadentismo estetico di”Isabeau” del 1911. Questa fu la sua ultima opera di un suo libretto a cui l’Illica potè assistere, perché le ultime due che seguirono , “Giove a Pompei” con musica di Giordano e “Giuditta” con musica di Gnocchi, furono rappresentate postume , nel 1921 e nel 1953 .Dopo la morte di Giocosa, tentò di proseguire la collaborazione con il Puccini continuando un progetto del dramma storico su Maria Antonietta. Tuttavia, per la scelta del compositore, l’opera alla quale dedicarono molto del loro lavoro non fu mai portata ea termine. Mori all’età di sessantadue anni nella frazione di Colombarone è sepolto a Castell’Arquato.



la colonia liberata - libretto di Luigi Illica 1899